W.G. Sebald

Distrugge l’Estremo
forse il ricordo?

W.G. Sebald

       

.. Vedo dunque i fili del telegrafo che salgono e scendono davanti ai finestrini del treno, vedo la fuga di case a Riga, il bastimento al porto e l’angolo buio del ponte dove, nonostante la calca, eravamo riusciti a sistemarci abbastanza comodamente. Il mare aperto, il pennacchio di fumo, l’orizzonte grigio, la nave che si sollevava e si abbassava, la paura e la speranza che portavamo in noi, tutto questo, mi disse il dottor Selwyn, è di nuovo presente in me come se fosse accaduto ieri. Circa una settimana dopo, e molto prima del previsto, arrivammo a destinazione. Entrammo nell’ampio estuario di un fiume. Dappertutto mercantili grandi e piccoli. Al di là dell’acqua si estendeva una terra piatta. Gli emigranti al completo si erano raccolti sul ponte e si aspettavano di vedere, in mezzo alle folate di nebbia, la Statua della libertà, perché tutti avevano acquistato un passaggio per l’Amerikum – come si diceva da noi. Quando scendemmo a terra, eravamo ancora fortemente persuasi di avere sotto i piedi il suolo del Nuovo Mondo, della città promessa di New York. E invece, come con profonda amarezza scoprimmo qualche tempo dopo – la nave era ripartita ormai da un pezzo -, avevamo gettato l’ancora a Londra. La maggior parte degli emigranti fecero di necessità virtù, alcuni invece, nonostante tutte le prove contrarie, rimasero a lungo aggrappati alla convinzione di essere in America. Sono dunque cresciuto a Londra in uno scantinato di Whitechapel, in Goulston Street ..

da Gli Emigrati –
W.G. Sebald