Fleur Jaeggy e Alec Soth

KATRIN: Sono passati solo cinque minuti da quando vidi una cornacchia stagliarsi tra albero e cielo – dopo un piccolo volo esaltante camminare monca e rapida verso me. Avrete visto anche voi camminare le aquile nelle voliere, il loro incedere è come un’agonia maestosa e gli occhi levigati d’odio assentono al congedo. Io non sentivo in quel momento l’inclinazione puritana a fare di un’innocua visione una favola, ma guardando la cornacchia vi era nel suo modo di indugiare, di starsene ferma, una specie di ostinata attesa, come se stesse seguendo un suo pensiero, direi quasi spirituale, come se stesse per dirmi qualcosa, forse di pensare all’acqua – o di seguirla, non sapevo, cercavo di capire guardandola negli occhi, ma gli occhi della cornacchia si volgevano altrove, opponevano al mio sguardo due minuscoli ritagli di velluto. Tentai di toccarla, ma lei si allontanava, senza volare camminava via, tranquillamente. Inseguivo dunque, quasi senza accorgermi, quel groviglio plumbeo e goffo che avanzava con prudenza verso la scogliera. Lassù, le gobbe calcaree declinavano verso l’acqua, cerimoniose e letargiche, a quell’ora le rocce sono di un verde malato, proseguono nell’acqua con riflessi paludosi. Pareva che la cornacchia fiutasse le navi da tempo perdute, guatò le stelle e le ombre, senza capire quanto erano lontane. Intanto l’addobbo piumato, si sfaldava, le stecche delle ali cominciarono a piegarsi. Inavvertitamente sfiorai il suo gomito, aveva gomiti come i miei, e la stessa statura. Mi sorrise appena, come se provasse una specie di gioia oscura e cauta nel vedermi simile a lei, nell’aver copiato le mie sembianze.

“Devi sapere, Katrin,” disse la cornacchia “che erano anni che volavo qui intorno, fuori dalla tua finestra e, per non farmi vedere, mi aggrappavo al muro e ti guardavo: vedevo solo una metà di te. Vedevo un busto e dei capelli lunghi muoversi nella stanza. Per molto tempo ho pensato che tu non avessi i piedi, mi affezionai a te, al busto, a quella cosa monca. E da quella bambina sformata ho avuto molta compagnia. Le parlavo, ho viaggiato con te, lei non udiva, china a terra. Dormivi poco, hai voluto che il letto stesse di fronte alla finestra, in modo da poter vedere la neve e il nevischio. È ora vorrei farti una domanda: tu a volte eri sinceramente gaia, ridevi con un dolce e aperto riso. A chi? Nessuno era con te nella stanza. Pensavo all’intollerante allegria dei bambini, e guardavo i tuoi denti ridere alle pareti. E ho desiderato che tu parlassi con me, con quella cosa che volava dall’altra parte del muro.” [..]

Il tempo trascorse. Ebbe un effetto opaco su Katrin. Fiorivano e appassivano i vegetali; quando i colori svanivano dalle cose e le notti diventavano più lunghe e neglette, Katrin aspettava impaziente il colore d’argilla e diamante che precede l’alba. Sentiva ciò che è effimero come una sua proprietà, benché i suoi giorni si aggirassero altrove, dove non esiste alcun dominio, dove la perfezione non ha eredi.
[..]

da Le statue d’acqua –
Fleur Jaeggy

Alec Soth ph – dalla serie Spleeping by the Mississippi

* in copertina Alec Soth, dalla stessa raccolta.