Take this waltz – Leonard Cohen, e Werner Herzog

Passi dal diario di mio nonno

Io sono uno di quelli che potrebbero raccontare ogni parola che venne trafitta dallo spillo. Pagina dopo pagina potrei immaginare la cicatrice in un migliaio di lettere coronate. [..]

La pista da ballo dello spillo si è svuotata di angeli. I cristiani non vogliono più polemizzare. Gli ebrei hanno dimenticato le controversie migliori. Se enunciassi punto a punto i Principi della Fede sarebbe come parlare al vento.
Non sarò mai affrancato da questa antica tirannia: “Io credo con fede perfetta. [..]

Perché creare problemi? È meglio balbettare che cantare. Diventare come il Mosè degli inizi: nessun sogno del Faraone. Diventare come Abramo: nessun sogno di un nome più lungo. Diventare come la debole Rachele: essere confortati, non essere senza conforto. [..]

C’era una promessa fattami dall’arcobaleno, c’era un patto solenne con me dopo che un’altra alluvione mi aveva affogato tutti gli amici, inondato ogni campo: quelli che avevamo seminato per il cibo e quelli lasciati non arati.

Chi mantiene le promesse se non in affari? Non ci era consentito di possedere terra in Russia. Ma chi vuole possederne, lì o altrove? Io fisso stupefatto gli alberi. Alberi di Montreal, alberi di New York, alberi di Kovno. Non ne ho mai voluto possedere uno. Rido in faccia ai cultori del mercato immobiliare. [..]

Soldati a ranghi stretti. Paracadutisti su una strada bianca di Tel Aviv. Chi osa disprezzare una risposta ai forni? Una qualunque.
Non mi piaceva vedere i ragazzi denutriti nel ghetto polacco. Le schiene curve non erano belle. Perdonatemi, non mi dà alcun piacere vederli in uniforme. Non mi emoziono alla vista dei battaglioni ebrei.
Ma c’è una sola scelta tra i ghetti e i battaglioni, tra le fruste e la più frusta arroganza patriottica. [..]

Volevo mantenermi il corpo libero come quando mi sono svegliato in Paradiso. L’ho mantenuto forte. I comandamenti esistono.
Cancellami dalla carne i segni della mia stessa frusta. Rimarginami i colpi di rasoio sui polsi e sulla gola. Toglimi le pinze metalliche dalle dita. Risanami le ossa che mi sono frantumato nella porta.
Fa’ che io non giaccia in mezzo ai ragni. Fa’ che io non inciti gli insetti contro i miei occhi. Fa’ che io non mi faccia il nido con i vermi o mi schiacci sul ventre il pettine di ferro o mi stringa i genitali con la corda.
E’ strano che ancora adesso la preghiera sia la mia lingua naturale. [..]

Sera, mia sera antica. La stessa in ogni città, lungo ogni lago. Tende imboscate a stormi di tordi. Si ciba di campi e case. Consuma i miei diari di poesie.
Il nero, la perdita del sole: mi atterrirà sempre. Mi porterà sempre a provare cose nuove. Il mio diario è pieno di combinazioni. Io dispongo in ordine le preghiere come le sfere di un pallottoliere. [..]

Tu. Fruga nel vigneto delle arterie in cerca del mio cuore. Mangia il frutto dell’ignoranza e condividi con me la bruma e il profumo del morire.
Tu. Il tuo pugno sul mio petto è più pesante di qualsiasi lutto, più pesante del Paradiso, più pesante del rotolo della Torah. [..]

La lingua in cui sono stato istruito: parlata senza speranza nel sacerdozio.
Non è stata intesa per alcun pulpito, né affinché gli uomini la usassero per i canti o i racconti ai figli. Non è abbastanza bella.
Ma forse ciò può stare a indicare una passione. Forse questa passione potrebbe essere impiegata per chiarire, per rendere più luminosa la Legge esistente.
Che i giudici in segreto disperino della giustizia: le loro sentenze saranno più acute. Che i generali in segreto disperino del trionfo; l’assassino verrà denigrato. Che i sacerdoti in segreto disperino della fede: la loro compassione sarà più sincera. È la tensione. [..]

Le mie poesie e i vocabolari sono stati scritti la sera alla mia scrivania o a letto. Che gridino forte per aver vita delle tue mani. Che io venga purificato dalla loro creazione. Mettimi alla prova con la purezza.
Oh, abbatti queste mura con la musica. Purifica la mia carne dal bisogno di dormire. Dammi occhi per la tua tenebra. Dammi gambe per le tue montagne.
Lascia che mi arrampichi fino al tuo volto con la mia disputa. Se sono impreparato, sporco, conducimi prima ai deserti pieni di sciacalli e di lupi dove imparerò tutta la beatitudine e l’umiltà che la sabbia può insegnare, e dalle bestie la direzione della mia malvagità.

Non intendevo offendere le pergamene con la mia logica, né David con le mie canzoni. Nella mia opera miravo ad amarti ma la mia voce s’è dissolta chissà dove prima che giungesse alle tue infinite regioni. E quando ho rivolto lo sguardo ai tuoi occhi tutte le irte colline di Giudea si sono interposte.
Ho accarezzato l’idea di essere il Messia. [..]

Ho visto un uomo cavarsi un occhio,
tenerlo in pugno
finché il cielo caritatevole
gli crebbe intorno come un immenso volto amorevole.
Con fasci di luce
lo vidi scavarsi il polso
finché il suo sangue non riempì
il resto dello spazio
e si posò piano sul mondo
come bruna mattutina.

Chi avrebbe potuto resistere a fuochi d’artificio del genere?

Ho lottato duramente in Galilea.
Tra i detriti delle piramidi
e di mattoni senza paglia
ho abbattuto il mio nemico cortese.
Gli ho distrutto il mantello di stelle.
Era un insulto alla nostra carne umana,
peggio delle cicatrici.

Se potessimo affrontare la sua opera, chiosarla. [..]

Ti sei adirato di fronte a loro
come i sogni del loro Dio dei tempi andati.
To sei frantumato il corpo
come le tavole della Legge.
Li hai scacciati dai banconi del tempio.
La tua frusta sui loro lombi
segno l’inizio dei problemi.
Le tue spine nei loro cuori
Segnarono la fine dell’amore.

Oh, ritorna ai nostri libri.
Decora la Legge di glosse umane.
Non invocare una morte a effetto.
C’e talmente tanto da spiegare – 
i miracoli offuscano la tua bellezza.
[..]

Dubitare di tutto quello che mi è stato fatto scrivere. I miei vocabolari emettono gemiti di bugie. Ricondotto alla Genesi. Dubitare dell’origine di ogni parola. Chiedersi quale santo ha fatto slittare un significato per spiegare una parabola. Perfino oltre la Genesi, finché non sono uscito dalla mia comunità, come l’uomo che aveva fatto troppi passi il Sabato. Mi sono trovato davanti una desolazione non eroica, non biblica, senza nessuna bestia spaventosa.
I veri deserti sono al di fuori della tradizione. [..]

I camini fumano. Le piccole sinagoghe di legno sono piene di uomini. Forse inciampano ancora sui miei libri di interpretazioni, utili a nessuno tranne me.

Le tovaglie bianche trattino più bianche quando rovesci del vino. [..]

Desolazione significa nessun angelo con cui lottare. Ho visto i miei fratelli ballare in Polonia. Prima dell’incendio finale li ho sentiti cantare. Non potevo mettere da parte la mia erudizione né i miei esperimenti con la blasfemia.
(A Praga il loro Golem dormiva.)
Desolazione significa niente corvi, niente simboli neri. La carogna del cane che imputridisce non può parlare in vece tua. I forni non hanno lingua. Le fiamme battono sorde contro i tetti di pietra. Non posso rivendicare quel suono.
Desolazione significa niente confronti. [..]

“I nostri bisogni sono così molteplici che non osiamo dichiararli”.
È doloroso ricordare un’intensità trascorsa, stimare la tua distanza dal mucchio di Belsen, sottoscrivere una tua pace con i numeri. Il solo alzarsi ogni mattina è sottoscrivere una specie di pace.
Qualcosa vuol dire, essere fuggito da diverse città. Sono contento di essere stato in grado di correre, di imparare dodici lingue, di essermi sottratto all’arrivo lamento con un trucco, contento che i confini fossero solo pietre lungo una strada vuota, di aver tenuto il mio diario.
Lasciate che rifiuti le soluzioni, che rifiuti di venire consolato. [..]

Stasera il cielo è luminoso. Strade di nuvole che si ripetono come le costole di uno scheletro enorme.
I tranquilli gabbiani sembrano incarnare una concezione del sublime destinata al fallimento, con il loro planare e scomparire nella tenebra della montagna. Loro lasciano il cuore, abbandonano il cuore alla Via Lattea, quel percorso scintillante da ubriaco che conduce ad un dio fisico. [..]

A volte, quando il cielo è così acceso, pare che se solo riuscissi a costringermi a fissare intensamente le colline nere sarei in grado di recuperare i gabbiani. Pare che nulla sia perso se non vi si rinuncia: i sontuosi tesori antichi ancora risplendono nella sabbia sotto la merlatura sgretolata; avvolto in uno stendardo stellato un Dio-padrone fluttua nel firmamento come l’acquisto e di un bambino.

Non mi affrancherò mai da questa tirannia.
Una tradizione fatta dalle esuvie della visione. Mi ci devo opporre. È come il fiume-spazzatura che attraversa una città: bello di giorno è bello di notte, ma mai adatto per farci il bagno.

C’erano regole stupende: un certo modo di sentire il tuono, lodare un saggio, contemplare un arcobaleno, conoscere la tragedia.
Tutti nella mia famiglia erano sacerdoti, da Aronne a mio padre. È stato un onore per me chiudere gli occhi del mio illustre maestro.
La preghiera fa del discorso una cerimonia. Osservare un tale rituale in assenza di arche, altari, di un cielo in ascolto: questa è una disciplina sontuosa.
Io fisso stupefatto gli alberi. Immagino la cicatrice in un migliaio di lettere coronate. Fate che non parli mai a vanvera.

Iscrizione per la scatola di spezie della famiglia:

Fa’ del mio corpo
uno scrigno per i vermi
e della mia anima
fragranza di chiodi di garofano.

Fa’ che il Sabato andato a male
non lasci profumo.
Proteggi la mia bocca
da un linguaggio osceno.

Conduci il tuo sacerdote
dalla tomba al vigneto.
Deponilo
dove l’aria è soave.


da Le spezie della terra –
Leonard Cohen

(poesie scritte durante un soggiorno sull’isola graca di Hydra e pubblicate nel 1061)

Se pure rimangono altri essere umani come me/ lungo questa riva naturale/ non osano farsi sentire./ La mia giacca ha il colore/ del cielo in rovina/ le dita / della morbida sabbia azzurra. – Cohen

Cohen con alcune sue canzoni nel film di Herzog Fata Morgana:

C’è una crepa in ogni cosa, è da lì che entra la luce – Cohen