I bassifondi della poesia – Alexander Pope

Ho da tempo notato con sorpresa, cari compatrioti, che mentre un numero infinito di poeti, critici e oratori ha riunito e classificato l’arte poetica degli antichi, non c’è stato alcuno tra di noi dotato di tale senso civico da fare altrettanto per la poesia moderna – benché sia risaputo che i nostri industriosissimi moderni, sia per la gravezza dei loro scritti, sia per la prontezza delle loro opinioni, superano di gran lunga i suddetti antichi.
Ad ogni modo, una cosa è certa: che mentre è stata spianata la strada verso il loro ὕψος, o «Sublime», nessuno ha ancora tracciato tracciato il cammino che porta al nostro βάθος, ovvero all’« Infimo». I Romani, che si sono frapposti tra noi e i Greci, usavano la parola altitudo, che suggerisce allo stesso tempo altezza e profondità. Perciò, avendo constatato con non poco rammarico che oggigiorno molti ingegni promettenti brancolano – mi sia permesso di dire –nel buio senza una guida, mi sono assunto il compito arduo ma necessario di condurli per mano, passo dopo passo, giù per il dolce pendio verso il Bathos – oil fondo, l’estremità, il nocciolo, il non plus ultra della più genuina poesia moderna.

Dilapidated Poetry A – Hiroyuki Tajima, 1976

II. Sul fatto che il “Bathos” o Infimo sia un gusto innato bell’uomo, in particolare nell’età presente. 

È la natura stessa a instillare il gusto per il Bathos nell’animo dell’uomo, anche se poi questi viene indotto, o meglio costretto, dalla consuetudine o dall’esempio degli altri ad apprezzare il Sublime. Vediamo infatti che le menti dei bambini, scevre dal pregiudizio, provano diletto solo di fronte alle creazioni e alle immagini che gli vengono ammannite dai nostri più genuini autori moderni. Ho osservato con quale rapidità il gusto comune stia ritornando a questa sua semplicità e innocenza originaria, e se lo scopo di ogni poesia è quello di divertire e istruire, il genere di poesia che diverte e istruisce il maggior numero di persone è senz’altro da preferirsi. Guardiamoci intorno e osserviamo chi ammira la poesia: vedremo allora che se sono pochi quelli che apprezzano il Sublime, l’Infimo invece ha una risonanza universale ed è alla portata di tutti. È impresa vana scrivere per uomini dai gusti elevati e affettati – che d’altronde è quasi impossibile accontentare – ed è ancor più assurdo scrivere per i posteri, in quanto non ci è dato prevederne il gusto o goderne il plauso. Si deve ammettere che i nostri autori più saggi hanno finalità correnti: [..] Il loro fine reale è l’utile e il profitto, e per ottenerli è necessario suscitare il diletto dei lettori in modo da riceverne il plauso. Da ciò, come è facile dimostrare, consegue che le loro creazioni devono essere conformi al gusto corrente – e da parte mia non posso che complimentarmi con i nostri contemporanei per questa particolare circostanza felice: che benché siano stati fatti grandi progressi in ogni altra sfera del lusso, per quanto riguarda specificamente la poesia non siamo diventati troppo schizzinosi, ma abbiamo gusti meno raffinati rispetto ai nostri antenati. Se si stima un’arte in base ai suoi successi, l’esperienza ci insegna che, in proporzione, un pari numero di poeti buoni e cattivi hanno patito la fame. Tuttavia, pur dichiarando qui che l’utile è il fine principale della nostra arte, non voglio precludere ai grandi ingegni d’alto rango o facoltosi la possibilità di svagarsi in tal modo. Anzi, occorrerebbe lodarli non meno di quei principi che impegnano il loro tempo libero in qualche ingegnosa arte meccanica o manuale – e sarebbe cosa ingrata non ammettere che la nostra arte spesso deve loro moltissimo.

Evidence A – Hiroyuki Tajima, 1963

IV. Sul fatto che esista un arte del “Bathos”, o dell’infimo

Arriveremo ora a dimostrare che esiste un’arte del toccare il fondo in poesia. L’architettura non si occupa infatti sia di sotterranei e cantine, sia di alte cupole e piramidi? Non sono necessari lo stesso sforzo e la stessa abilità per creare un fossato e innalzare un terrapieno? Non esiste un’arte del tuffo oltre che del volo? C’è forse un esperto in materia che possa spassionatamente negare la grande utilità delle macchine per l’immersione, che consentono di prolungare la resistenza, favoriscono la visibilità e forniscono altri strumenti ingegnosi per restare sott’acqua? Se si esaminano gli autori dell’antichità, si vedrà come sono ugualmente rari coloro che si sono distinti in qualcosa di veramente sublime e di veramente infimo. E come un tempo per il primo così adesso per il secondo si pensa la stessa cosa: cioè che si tratti interamente di un dono di natura. Voglio ammettere che per eccellere nel Bathos sia necessaria una certa genialità, ma occorre riconoscere che le regole artistiche siano per lo meno utili per aggiungere peso o, potrei quasi dire, fare da piombo, per agevolare e forzare la nostra discesa, per condurci ai pendii più vantaggiosi abituare la nostra fantasia a una certa bassezza di pensiero. Sono molti a cadere, ma a pochi è dato in sorte di cadere con grazia. A maggior ragione per l’uomo, che occupa uno dei luoghi più bassi del creato in fondo all’atmosfera, non è facile scendere ancora più giù, a meno che non ricorra appunto all’arte. Il Bathos è in un certo senso come la birra: se la si versa e la si lascia aperta, svanisce e diventa insipida, ma se grazie alle regole la si tiene chiusa e ben tappata, farà schiuma e diventerà forte e vigorosa. Le cose più sublimi in natura sono il cielo, il sole, la luna, le stelle e così via; quelle più infime l’oro, le perle, le pietre preziose e i tesori nascosti in profondità, che sono ignoti e quindi inestimabili. Ma tutto ciò che si trova nel mezzo –come il grano, i fiori, i frutti, gli animali e gli oggetti utili soltanto all’uomo – è di poco valore e così comune da destare scarsa curiosità, in quanto, come si sa, ciò di cui si conosce l’uso specifico ha un prezzo ben preciso. Questo spiega perché i più grandi critici e autori moderni disprezzino del tutto o tengano in poco conto il senso comune.

Rhizome – Hiroyuki Tajina, 1969

V. Sulla predisposizione naturale all’infimo e in che cosa consiste

E mi azzardo a dichiarare, come principio fondamentale e pietra angolare di questa nostra arte, che chiunque voglia eccellere in essa debba sforzarsi di evitare, detestare e distogliere lo sguardo da ogni idea, metodo e procedura di quel nemico mortale dell’ingegno, quel distruttore delle espressioni più belle che passa sotto il nome di «senso comune», e cerchi invece di acquistare il più genuino goût de travers e una maniera di pensare quanto più amena, eccentrica e bizzarra. Il nostro autore deve immaginare di essere un caricaturista: se imitasse la natura o mostrasse un tratto troppo uniforme, rovinerebbe le sue opere. Deve invece mescolare gli elementi più disparati e dissonanti – paesaggio, storia, ritratti, animali – e collegarli caso con espressioni fiorite, come più garba alla sua fantasia, contribuendo così al suo fine principale, che è quello di abbagliare per mezzo di forti contrasti di colore e stupire con immagini discordanti. La sua opera deve avere la struttura di un labirinto dal quale solo lui può tirarci fuori. E siccome l’abilità suprema in poesia si dimostra con il mescolare verità e finzione, così da unire il verosimile allo strabiliante, il nostro autore otterrà il verosimile dipingendo la natura nei suoi tratti più semplici e lo strabiliante andando contro l’opinione comune.
Quanto ai caratteri, tenderà al meraviglioso: descriverà Achille con la pazienza di un Giobbe, un principe con l’eloquio di un pagliaccio, una damigella d’onore intenta al gioco del Mercante, un valletto che parla come un filosofo o un raffinato gentiluomo come uno scolaretto. [..]
Nulla è parso più chiaro ai nostri grandi autori che questo: il mondo si è stancato da tempo delle cose naturali. L’opposto, invece, sembra fatto apposta per divertire, come risulta evidente dal plauso generale riscosso ogni giorno dagli stupendi spettacoli di maghi e arlecchini sui nostri palchi. 11 Come si diverte il pubblico, come va in visibilio quando vede una carrozza trasformata in carriola, un mago in vecchia, o la testa d’un uomo al posto dei calcagni! E ciò può essere imputato a una sola causa: al fatto che gli oggetti vengano trasformati in ciò che era stato suggerito agli spettatori dalla loro stessa bassa immaginazione. Il nostro autore dovrà perciò acquistare una certa maestria in questo bel modo di pensare innaturale, tanto da poter fornire alla propria fantasia, all’apparire di un oggetto, idee infinitamente inferiori a esso. È come se i suoi occhi dovessero guardare attraverso un cannocchiale, ma dalla parte sbagliata: in questo modo tutti gli oggetti naturali risulteranno rimpiccioliti. Per esempio al vero genio, osservando il cielo, viene subito in mente una stoffa azzurra lucente o la mantellina di un bimbo.

Tessendo il fine ordito di Natura il cielo, che si espande a dismisura,
avvolge con il suo manto stellato nel molle grembo il mondo appena nato.

Se vede una tempesta, gli verrà in mente l’immagine di un letto disfatto e descriverà in questi termini la quiete che segue.
L’oceano,

fuggita la procella, rallegrato, spiana le creste al suo letto arruffato.

Nella sua fantasia, il gaudio e il tripudio degli angeli alla creazione dell’universo diventano i festeggiamenti per il Sindaco di Londra, e immagina che quelle nobili creature osannino il Creatore con degli urrà o lanciando fuochi d’artificio, razzi, petardi e mortaretti.

Fulgidi fuochi, una corrusca schiera,
fatta d’astri e pianeti d’ogni sfera,
incanta il cuore a quella folla eletta,
ornando la dimora benedetta. L’aria freme di luci balenanti e di grida di angeli festanti, sfrecciano le comete a mille a mille,
piovendo giù in rovesci di scintille.
Fluttuan meteore in aria, una coorte,
lanciate dall’eterna roccaforte.

[..]
Ma per convincervi che non c’è nulla di così grande che uno straordinario genio, spinto da un lodevole entusiasmo di tal sorta, non sia in grado di sminuire, ascoltate con quali immagini venga rappresentato il più sublime fra tutti gli esseri.

Prima è un PITTORE:

Il Re della Natura in mezzo all’etra
stende le nubi, la sua tela tetra; poi, preso in Cielo un bel colore ameno,
dipinge il suo leggiadro arcobaleno.

Poi è un CHIMICO:

L’Alto Chimico appresta il suo lavoro:
travasa le acque su assetati campi distilla piogge e stempera i suoi lampi.

Poi è un LOTTATORE:

L’Eterno mi ghermisce con le braccia
e con tale potenza poi mi schiaccia
da pestarmi le membra in modo acerbo,
rompermi le ossa e sfibrarmi ogni nerbo.

Poi un UFFICIALE DI RECLUTAMENTO:

I raggi van cercando nuove nubi arruolando vapori giù tra i flutti:
su nel Cielo si adunano poi tutti.

Poi è un GARANTE DI PACE:

Tra i vicini la pace è pattuita: Dio ne è garante e la mantiene in vita.

Quindi è un AVVOCATO:

Dio mi condanna come un criminale
e con sentenze orribili mi assale…
Dio non sarà giammai il mio difensore,
non vorrà perorare a mio favore.

Nei seguenti versi è un BATTILORO:

Batte il ricco metallo e poi, con cura,
spiega in Cielo una fine doratura.

Poi un FOLLATORE:

I vapori segreti che s’innalzano, sprigionati da raggi che rimbalzano,
si fanno spessi, bianchi, poi s’intrecciano
formando un manto celestiale…

Un COMMERCIANTE DI TESSUTI o un IMBALLATORE:

Hai tu alzato dell’aria l’ampio telo
e aperto balle d’etere nel Cielo? Quale stoffa cerulea hai spiegato?

Un MAGGIORDOMO:

Con ampolle di nembi e di vapori mesce con gran destrezza i suoi liquori.

E un FORNAIO:

Appresta il desco su deserte piane e nei suoi forni eterei cuoce il pane

Almanac – Hiroyuki Tajima, 1967

VI. Sui vari talenti per l’infimo, i loro tratti e le sue caratteristiche

Sono certo che il lettore, di fronte a una tale mole di esempi, comincerà a concordare con noi che il Bathos è un’arte, e che nessun ingegno umano, seguendo soltanto idee naturali e senza l’aiuto di una costante – anzi, industriosa –stravaganza di pensiero, potrà mai pervenire a immagini così incredibilmente basse e inusitate. Il grande autore da cui abbiamo tratto tante gemme – il padre stesso, anzi l’Omero del Bathos –ha limitato i suoi sforzi, proprio come l’immortale bardo greco, alle forme più alte di poesia, permettendo così ad altri di guadagnare il dovuto plauso nei generi inferiori. Molti pittori che non sarebbero mai in grado di raffigurare alla perfezione un naso o un occhio hanno ritratto con successo un viso butterato dal vaiolo, oppure si sono distinti nel dipingere un rospo o un’aringa affumicata. E non manca certo chi, dotato di uno spiccato talento per la natura morta, è capace di realizzarla con straordinaria accuratezza e rigidità.
Non tutte le epoche vedono emergere un genio universale – ma quando ciò accade, emergeranno in lui interi eserciti! Sarà più facile per lui sfornare cinque o sei poemi epici che per
un minuzioso, servile imitatore della natura o degli antichi comporre cinque o sei pagine.
Come afferma Quintiliano, quello stesso talento che rese Germanico un così grande generale avrebbe potuto farlo diventare un sommo poeta epico, se solo vi si fosse applicato con uguale assiduità. Allo stesso modo, considerando l’evidente affinità tra le arti e le scienze, sono convinto che un abile cacciatore di farfalle, un disegnatore di stoffe accurato ed estroso, un industre collezionista di conchiglie, un alacre e melodioso zampognaro o un diligente allevatore di conigli possano tutti eccellere nelle loro rispettive varietà di Bathos. [..]Classificherò ora questi ingegni limitati e meno prolifici in distinte categorie, alle quali assegnerò il nome di vari animali, in modo da illustrarli meglio al lettore e consentirgli subito, man mano che li incontra di giorno in giorno, di sapere a quale genere appartengono e a quali autori paragonarli.

1. I pesci volanti: gli scrittori che ogni tanto riescono a sollevarsi sulle loro pinne e a guizzare fuori dalle profondità, per poi ricadere subito giù tra i fondali all’asciugarsi delle ali. G.S., A.H., C.G. 21
2. Le rondini: autori che svolazzano di continuo su e giù, sfiorando la superficie, e sfruttano tutta la loro destrezza
nell’acchiappare le mosche. L.T., W.P., Lord R.
3. Gli struzzi sono coloro che riescono di rado a staccarsi dal suolo, a causa della loro pesantezza. A nulla gli valgono le ali per sollevarsi: il loro movimento è a metà tra il volo e la camminata; in compenso sono dei gran corridori. D.F., L.E., l’Onor. E.H.
4. I pappagalli ripetono le parole altrui con una voce così strana e gracchiante da dar l’impressione che appartengano a loro. W.B., W.H., C.C., il Reverendo D.D.
5. I tuffetti sono quegli autori che rimangono a lungo nascosti sott’acqua e poi rispuntano qua e là dove uno meno se l’aspetta.
L.W., il sig. D., l’Onor. Sir W.Y. 6. Le focene sono creature grosse e impacciate. Vivono in mezzo ai più grandi tumulti e alle tempeste, ma quando si mostrano alla luce del sole – il che succede di rado –si rivelano soltanto dei brutti mostri informi. J.D., C.G., J.O.
7. Le rane sono coloro che non sanno né camminare né volare, ma che saltano e balzano al minimo cenno di ammirazione. In genere vivono in fondo a un fosso e fanno un grande strepito ogni volta che cacciano la testa fuori dell’acqua. E.W., il sig. J.M., il Gent. T.D.
8. Le anguille sono quegli autori oscuri che, pur essendo assai agili e disinvolti, si avvolgono nel proprio fango. L.W., L.T., P.M., il Generale C.
9. Le tartarughe, lente e fredde, sono amanti dei giardini, come gli scrittori bucolici. Sono perlopiù dotate di un bel guscio ornato, sotto il quale si cela una massa greve. A.P., W.B., L.E., il Molto Onor. Conte di S.
Queste sono le varietà principali del Bathos, e la fortuna vuole che in ciascuna di queste categorie disponiamo nella nostra isola di vari e multiformi ingegni di prim’ordine. [..]

Free Poetry – Allen Ruppersberg, 2006

XIII. Un progetto per promuovere il “Bathos”

E così, cari compatrioti, con grandissimo sforzo e applicazione ho rivelato le sorgenti nascoste del Bathos o – potremmo dire – spalancato le voragini di questo Grande Abisso. E avendo ormai stabilito quali siano le regole più corrette e salutari, per chi voglia essere davvero moderno altro non resta che metterle in atto con il massimo zelo. A tal fine, sono certo che il piano da me proposto per agevolarne l’attuazione possa guadagnarmi una volta ancora il plauso della mia patria. Siccome –bisogna ammetterlo – il nostro numero è di gran lunga superiore a quello del nemico, l’unica cosa che ci serve, a mio parere, è l’unanimità. Mi permetto perciò di avanzare questa semplice proposta: che ciascuno dei rappresentanti del Bathos si leghi in una stretta alleanza, andando a creare un solo corpo compatto, in cui ogni membro, anche il più insignificante, contribuisca in qualche modo a rafforzare l’insieme – nello stesso modo in cui i più fragili giunchi, una volta affastellati, diventano indistruttibili. A questo scopo, occorre organizzare la nostra arte come le altre arti dei giorni nostri.
[..]
Ora, se ciascuno dedicasse tutto il suo tempo e il suo talento alla propria specifica figura retorica, arriverebbe senz’altro a perfezionarla. Una volta che tutti –come abbiamo proposto –prestassero giuramento ed entrassero a far parte dell’associazione, per un poeta o retore non resterebbe altro da fare che rivolgersi a un particolare specialista, al metaforista per le allegorie, al simitudiniere per i paragoni, all’umorista per le battute sarcastiche [..]
Propongo dunque che si costruisca quanto prima, a spese dello Stato, una Cassettiera retorica a tre ripiani: il più alto per il genere deliberativo, quello di mezzo per l’epidittico e il più basso per il giudiziario. [..] ciascun cassetto verrà a sua volta suddiviso in scomparti simili a quelli degli armadietti di cose rare. [..] A chiunque si accinga a comporre verrà presto insegnato come usare la cassettiera e controllarne i registri allo stesso modo dei tiranti di un organo.
Le chiavi andranno affidate a mani oneste, a qualche venerando prelato o valente ufficiale che abbia dato prova inconfutabile di lealtà [..]
Affidata a tali mani, la cassettiera potrà essere data in affitto a giornata, come meglio si desidera, a dicersi oratori di entrambe le Camere. È da sperare che anche la nostra società possa trarre da ciò grande utile o profitto. [..]

da I bassifondi della poesia – Alexander Pope

The decorated tomb of ancient japan – Hiroyuki Tajima, 1969

Perí Bathous o L’arte di toccare il fondo in poesia è al tempo stesso un’arte poetica rovesciata e un prontuario per i cattivi poeti moderni, cioè un manuale su come scrivere male e, implicitamente, su come non bisogna scrivere. [..] (esso) rappresenta la più alta creazione dello Scriblerus Club, il gruppo di letterati Tory che si riuniva intorno a Jonathan Swift e Alexander Pope [..]. L’obiettivo degli Scribleriani era quello di denunciare il “falso sapere” e la venalità degli autori moderni e satirizzare gli abusi più evidenti. [..] Nei suoi quindici anni di esistenza, oltre a dar vita a un gran grupoo di operette satiriche a più mani, lo Scriblerus Club fornì spunti, ispirazione e incoraggiamento per la stesura di importanti opere individuali, tra i quali spiccano i Viaggi di Gulliverdi Swift (1726), L’opera del mendicante di Gay (1728) e l’Asineide di Pope (1728).
Nonostante la sua brevità, il Perì Bathous è un’opera sofisticata che prende di mira l’intero mondo culturale e letterario del tempo, analizzando le cause e le manifestazioni del cattivo gusto nel contesto di un pubblico non illetterato, ma ancora poco educato. L’attacco è diretto non solo agli scrittori moderni, ma anche au mecenati che ne promuovono l’attività, agli editori e ai librai disonesti pronti a smerciare di tutto pur di fare soldi, agli scrittorucoli prezzolati di Grub Street, a chi rabbercia farse, operette teatrali e pantomime in rima, al fine di arricchirsi in fretta, e agli stessi spettatori e lettori che si pascono di tali bassezze culturali. [..]

dalla Postfazione di Alessandro Gallenzi.

* in copertina
Ancient Writing –
Hiroyuki Tajima, 1968