La bambina pugile: ovvero la precisione dell’amore

*
Entro nella stanza
dove dormi male,
entri nella stanza
dove dormo male,
la tua acuminata tenerezza
la mia
acuminata tenerezza,
la nostra
follia che non fa rumore.
Tu terra bruciata
e taglio
spalle girate e voltafaccia
tu cappotto di piombo
e gamba mitragliata
soldato armato ferito
casa carbonizzata
tu opaco e luce gettata,
in gola. Il tuo corpo
è la verità
la cronaca in diretta
del danno
che ci vive. Rifugiato
in cima alla sedia
ingurgiti bocconi
come formule
di scontrosa preghiera
via di scampo sconsolata e neutrale.
Ti copro il mondo di parole disegno frontiere di posate pattuglie di bicchieri
barricate di tegami
a saccheggio delle ore.
Sto nel tuo fumo,
tuffata,
a fondo.
Smontate le tele
i fili le reti i raggi
adatti alla cattura,
sto senza riparo
nel pieno
di un amore a raffica,
l’amore che c’è.
Né caccia né schiusa
né cambio di pelle
né metamorfosi:
la linea di fumo
della tua incorruttibile sigaretta (le sorrido)
è la linea del futuro,
morbida trasparenza,
evidenza che siamo,
tutti.

*
Io accarezzo il silenzio.
Il silenzio –
che mi spedisci –
tu.
La prontezza
della tua assenza
la assaporo –
la mancanza –
qui
nel pieno del petto
vuoto,
la sorseggio
come un vino difficile,
te la dono
come una mano grande
aperta
sotto la pioggia.

*
Il tempo del congedo
è coltello giusto
la sua lama piú evidente
della mia pelle –
rotta –
simile all’amore
introvabile:
un adulto di spalle
ti fa vedere l’anima.
 
 

“.. Dammi una parola sola/ un richiamo per esseri umani”
 

*
La via senza di me
sempre con me
è vino senza bicchiere
principio senza princípi
è amante
che nella notte sola sussurra
alle sue ossa: «Tutto può iniziare».
Stare al mondo
come fare il morto
sulle onde illogiche
indifeso nel suo destino
di millimetri di bagliore,
di scampo. Stare al gioco
come il tuffatore bambino
si butta nello sconosciuto abbracciato al suo terrore
senza nemmeno un nome a proteggergli le spalle.
Anima e notte
a fare una sola
solitudine intonsa
sterminata,
uno strappo
da cui colano le parole abbandonando le cose,
una tenebra della lingua.
Cammino precisa
come baciandolo nei passi
il paesaggio abolito del mondo
la terra bendata.
Lo chiamano dolore
aggrapparsi alla bellezza dei numeri
contare le ore
fino al perfetto smarrimento:
non voglio piú chiedere pace,
come una montagna ha l’aria,
ho per casa un inchino.
Sono qui, notte. 

*
«Hai mangiato?»
«Hai dormito?»
«La cacca?»
«Vuoi un sorso d’acqua?»
«Sei quattr’ossi».
«Senti chi parla!»
Essere asini.
La misura esatta è l’infinito.
E il tintinnio delle cose.
Qui.

*
Che ne ho fatto di me?
La poesia sanguinaria dell’infanzia
il puma tatuato nel sangue?
Nel presto della corrente
sono pentolino di latte
che bolle e trabocca
fuori c’è cielo
c’è acqua
cielo inquieto
sopra terra arsa
movimento sull’acqua
e mirabolante fuoco
che fa tutto insigne
e incendiato,
nello spazio tra le costole fluttuanti
un martello sfascia
ogni silenzio modesto.
Dillo forte
fortissimo gridalo
l’urto del mondo
alle porte dei sensi.
»Sono qui
sono qui» con sguardi
come laghi
semino il grazie
piú piccolo che c’è.
 
 

“..bisogna che resti solo/ quel leggero senza-nome/ che fa l’aria/innamorata/ della stanza”

da La bambina pugile: ovvero la precisione dell’amore –
Livia Candiani
 
 
* in copertina
Venano (6) di
Juliao Sarmento
** opera nel post
Zero & Not di
Joseph Kosuth