Lettera per anime belle

Egregio Signor Pasolini, sto per porle una domanda, ma desidero prima, con l’occasione dell’ospitalità di questa rubrica, esprimerle la mia simpatia.
Ho letto le sue opere con tanta commozione e vorrei che sapesse della mia gratitudine: per la sua poesia, per il suo coraggio, per essere dalla parte dei buoni.
Sono con i tantissimi che la sentono fraternamente vicino nella speranza che gli uomini possono essere restituiti alla giustizia e alla dignità, e le sono uniti da affettuosa riconoscenza.
Ci piace la certezza che non uno di questi affetti le sarà superfluo e che tutti saranno ricambiati.
Si abbia tutta la nostra amicizia, dunque, e i più cari auguri di ogni bene.
Ecco la domanda: non ritiene che al di là della legittima esigenza di formazione intellettuale e spirituale, il piacere della lettura contenga una quota di pericolosa illusione? Non è probabile, cioè, che il lettore cerchi a sua insaputa una facile pratica di virtù nell’illusione di attribuirsi la coscienza e quindi il merito dello scrittore?
Moltissimi appassionati della lettura seguitano per tutta la vita a cercare nei libri la verità, com’essi dicono.
È credibile che tale ricerca possa prendere tanto tempo agli intellettuali, agli studiosi, per i quali i problemi pongono sempre più numerose domande e più complesse secondo l’aumento delle loro conoscenze e della loro sensibilità.
Ma le persone dì cui parlo intendono scoprire, attraverso la lettura, più semplicemente le regole ideali della loro condotta: come e che cosa amare, come riempire di azioni significative l’obbligo generico dell’essere giusti e generosi, come regolarsi con Dio …
Tali regole, mi sembra, sono state enunciate da tempo immemorabile e con grande chiarezza. Viene da domandarsi, allora, perché occorrano i lunghi anni di una vita per impadronirsene, e tanta maggiore perplessità si prova a constatare che, viste attraverso il comportamento quotidiano, queste persone non sembrano aver acquistato gran vantaggio dal loro costante esercizio di miglioramento. E, peggio, mentre gli altri, in generale, cercano istintivamente di consistere in azioni affettive, questi spengono ogni impulso sentimentale nella considerazione che gli uomini sono destinati all’incomunicabilità e all’incomprensione.
Si è indotti a pensare di loro che il vero interesse che li accosta alle questioni, attraverso la lettura, sia di procurarsi una consuetudine mentale con i concetti, piuttosto che quella della volontà con gli impegni, da cui poter estrarre la convinzione d’essere buoni, poniamo, perché hanno tanto letto e ragionato della bontà.
A questo punto mi sembra di dover rettificare la domanda: che senso c’è a rifugiarsi nella lettura quando non si è disposti a riceverne lo stimolo ad operare secondo l’insegnamento che contiene? Vorrà darmene la sua opinione?
La prego di scusare la confusione delle mie espressioni.
La saluto affettuosamente e la ringrazio.

Goffredo Grillo – Roma

da Le belle bandiere, dialoghi 1960-1956
Pier Paolo Pasolini

Tengo la posizione – Simone Massi

* in coopertina
Barton Lidice Benes