Anti Amor – Christoph Wilhelm Aigner

“Ogni vita parla, occorre soltanto dimenticare la propria grammatica per sentire quello che viene detto”


Il vento precipita dal basso. Onde d’urto, che fanno gemere il tetto. Il föhn ha sollevato alquanto la valle e spinto in alto il paese. Proprio dietro la fila di cipressi, sospeso a seicento metri dal suolo, perché dietro i cipressi, che delimitano l’angusta strada, il monte digrada ripido. Il mio sguardo si spinge oltre l’angolo fin dentro la valle, come su un piano inclinato. I dislivelli non sono percettibili agli occhi. Così il suolo, sul quale crescono le percezioni, è fatto di illusioni. La disillusione vuol dire solo che noi abbiamo visto l’illusione, il suolo nudo sotto la vegetazione lussureggiante delle nostre idee.
Conosciamo il concetto dei “nudi fatti”. Di quelli rivestiti o velati non parliamo. Per noi sono ovvi.


I primi giorni non ho fatto altro che ascoltare il vento. Perfino in sogno era intorno a me e dentro di me. Il vento notturno, una cometa che si è smarrita, e gira intorno alla casa gridando perché non la fanno entrare, si alza in volo e si affanna di stella in stella e ritorna, annusa la casa e se per caso dovessero aprirle, si strofina sui muri e sfreccia via in collera per prendere nuovo slancio.

Provo una sensazione di leggerezza, come se avessi le ossa vuote. Come se per millenni avessi simulato con le braccia movimenti di ala. E ora, invece di riuscire a sollevarmi un poco, le mie ossa si sono fatte friabili. Sta mutando qualcosa che non capisco.
Era già l’ora che volge al desio” (Dante, Commedia, Purgatorio, Canto VIII).
Apro una pagina a caso e incontro dei passi che sembrano quasi scritti per me.
Apri alla verità che viene il petto” (Canto XXV).
Un verso perfettamente ambiguo. Non è possibile chiarire se si intende il petto della verità che sopraggiunge o se dev’essere il proprio petto a restare aperto alla verità che sopraggiunge.
Come si potrebbe riuscire ad aprire il proprio petto alla verità? Come riconoscere il fantasma dentro di sé, quando ogni cosa in noi è predisposta in modo tale da abbellirci?

Si accede alla casa salendo cinque stretti gradini in pietra sul lato nord, che è rivolto verso lo monte, e si entra nella cucina-tinello molto spaziosa. [..]
L’orizzonte a sud è delimitato da una catena montuosa che talvolta appare simile a una muraglia che si allontana in fretta e si scolora nella caligine dell’atmosfera.
Di solito questo recipiente vallivo è ricolmo di una spuma di nuvole. Mi immagino che la spuma scorra dietro la catena montuosa come latte che trabocca. [..]


Il sole fa capolino e per alcuni secondi depone raggi di luce tra la finestra e le mie gambe. Non è un sole giallo. Presenta la sua luce su piatti d’argento. Piatti d’argento! Spero di non diventare un po’ strambo quassù.
Se porge la sua luce su un piatto d’argento, la frase ha un suono per lo meno più estetico di quanto ne avrebbe se elencassi lo stato fisico e la sua manifestazione ottica. Inoltre il sole si fa persona e mi è più vicino.
Le nostre fantasie di solito sono più forti della nostra ragione, per cui non è chiaro di quale percentuale di immaginazione si componga la ragione. ad ogni modo, il linguaggio figurato ha un’efficacia maggiore rispetto al linguaggio formale della scienza. Dopo duemila anni le Metamorfosi di Ovidio continuano ancora a sorprendere.

Quand’ero ancora un giovane fisico, per un anno ho studiato in America le strutture dell’atomo attraverso l’analisi di strutture metalliche. Per un anno, giorno dopo giorno, non ho fatto altro che guardare nel microscopio a campo ionico che avevo costruito da solo, e osservavo poi i puntini che sullo schermo si raccoglievano formando affascinanti strutture. Eravamo convinti di vedere davvero degli atomi, e ci sentivamo orgogliosi di essere tra i primi a poter scorgere i mattoni fondamentali del mondo. Centinaia di altri fisici hanno fatto lo stesso. Abbiamo calcolato che tutti i fisici che quotidianamente analizzano le strutture dell’atomo nelle superfici dei cristalli complessivamente, nell’arco di dieci anni, non hanno studiato più di un millimetro cubo di materia. Un millesimo di grammo di materia. Questo ci mostrava con grande evidenza la relazione tra scienza e mondo. A quel tempo avevo iniziato a leggere poesie e a estraniarmi dallo studio delle superfici e dalla fisica del vuoto.

L’immagine della cima dell’albero che mi appare contemporaneamente nei due riquadri della finestra, mi richiama alla mente il problema paradossale della teoria quantistica, secondo cui le particelle elementari devono essere onda e particella al tempo stesso. L’idea che un quanto, una particella, sia al tempo stesso un’onda non è conciliabile con le nostre abitudini mentali. Negli esperimenti, però, vediamo singole particelle che sulla lastra formano insieme il disegno di un’onda. [..]
Allo stesso modo, la cima mossa dal vento mi appare contemporaneamente in entrambi i riquadri. Il mio sensorio viene tratto in inganno da una cosa in movimento e da una sola cosa me ne fa apparire due. E se un procedimento analogo si verificasse con l’attuale stadio della nostra capacità di conoscenza? Intendo dire che il nostro sensorio con tutte le apparecchiature in grado di rafforzarlo e di perfezionarlo si può trovare in uno stadio che corrisponde agli occhi semichiusi.
Bisognerebbe iniziare a pensare in modo diverso. Ad esempio prescindere dalle deduzioni causali e dalla logica formale che ne deriva. Come sia possibile svilupparlo, non mi è chiaro. È chiaro soltanto che il modo di pensare da noi seguito finora conduce in un vicolo cieco, dove ci ritroviamo in fila davanti al muro di paradossi. Là andiamo su e giù menando per il naso noi stessi e gli altri.


Fino a un quarto d’ora prima imperversavano pioggia e tempesta. Poi ci fu un lampo con un tuono possente. Scese il silenzio. Solo lo scorrere dell’acqua dal tetto sulla piccola scala in pietra. Una tenue acquerugiola ricopriva il paesaggio, come se quel lampo avesse nebulizzato l’atmosfera. In alcuni punti della valle si alzò del vapore, e la campagna parve come ripulita. A un tratto – così come un’illusionista riesce a tirarci in inganno anche se l’attenzione è altissima – il vapore si era addensato, e la valle era ricoperta di nuvole. Bianca e dilatata fino all’orizzonte, e sedendo alla finestra mi era facile immaginare di essere in un aeroplano fermo nell’aria. [..]

Tutti i miei amici e colleghi trovano che io sia folle se continuo a sciupare il mio tempo pensando a quanti individuali. [..]
Ora mi stupisco per la testardaggine con cui si è radicata in me l’idea dei fotoni non-identici. Perfino mio padre, in uno dei suoi saggi sulla teoria quantistica, ha sottolineato con decisione che i quanti non sono mai individui. Forse è questa la causa? Le nostre motivazioni provengono sempre da spazi oscuri. Mi accorgo che è più difficile essere sinceri con se stessi che con gli altri. Come sempre. Mi sono deciso e ho preso un periodo di ferie dal CERN.

Prima giornata di sole. Ero a passeggio. La nebbia era calata e le nuvole abbagliavano con il loro biancore, mentre solcavano il cielo sopra la valle puntando ad est e a ovest. Poco sotto di me passò un bimotore, annaspando con il ventre dentro le nubi. ..


da Anti Amor –
Christoph Wilhelm Aigner

 

ovvero dell’illusione dell’Amore

*
Passa l’illusione

Non so più che fare

I corvi che volano bassi
risplendendo

là dove il nostro sole
d’un tempo evapora nella palude.

*
Abbaglio

È come mungere sangue

là davanti sopra le macerie

che hanno inghiottito il sole

ombra di gioia
la tiran giù
i meriggi erano sovraesposti

ovvero del conforto della Natura


Colorata tempesta autunnale

a cui va l’applauso del mare

e gocce d’ambra
del sole al tramonto


Ma io potrei chiedere ugualmente: perché i bambini? Perché le lucertole? Perché la malerba? Perché, in fondo la vita? ..
Non ho altra risposta che questa: che il senso di tutto quel che esiste è il suo essere presente.

Christoph Wilhelm Aigner

* tutte le foto sono di
Friederike von Rauch

* traduzione di Riccarda Novello