La Bocca del lupo – Pietro Marcello e Remigio Zena

 

[..] Poteva avere le sue magagne l’avvocato Raibetta, ma in quanto a parlare nei dibattimenti, il numero uno era il suo e di sentirlo si restava incantati, massime quando difendeva i poveri contro le prepotenze dei ricchi e del governo, con un rimbombo di voce che i giudici pigliavano dei soprassalti sui loro seggioloni di velluto. E al fisco gli rispose per le rime, quantunque non si meritasse l’onore, e il governo lo staffilò di santa ragione, ché manda tanta gente in galeraper un delitto che viceversa per esso non solo non è delitto ma una specie d’opera pia aperta a tutti, ad ogni canto di strada, colla differenza che riscuote, riscuote sempre, invece di distribuire, e cosí ingrassa succhiando il sangue delle famiglie. Cominciasse il governo a dare l’esempio coll’abolire il lotto e allora l’avrebbero abolito pure i particolari! -Dal suo posto il signor Costante approvava pienamente chinando la testa, facendo dei segni al cancelliere che anche lui, malgrado l’impiego, capiva le cose pel loro verso; non c’era santi: se questi dell’avvocato non erano argomenti solidi, senza replica, andava dritto dal procuratore del re a farsi chiudere in prigione lui, al posto della Carbone. E andando avanti, l’avvocato parlò della miseria del popolo: ecco il gran torto di chi ha le mani in pasta, la miseria del popolo! Ci fu un momento che si scaldò sul serio, e nel nominare l’Italia, dava dei pugni sulla tavola, da sconquassarla. Gridò contro le guardie, che per prendere in contravvenzione una donnetta, ricorrevano a tutti i mezzi, perfino a quello di mascherarsi, e le saltavano addosso in quaranta o cinquanta, come se si trattasse della presa di Sebastopoli. E qui diceva benissimo: le guardie erano sempre pagate per provocare, le prime a usare cattive maniere, fossero di dogana o di pubblica sicurezza, a trattare il popolo peggio che ai tempi di Carlalberto, quando comandavano a bacchetta i preti e gli aguzzini.
Arricciavano il naso i giudici, pareva che avessero i nervi fuori degli ingranaggi, nel mandar giù per forza questa roba da chiodi, ma la verità è la verità. -Se nella Pece Greca, per esempio, il giorno della famosa spedizione, fosse successa una baruffa seria -ci mancò un capello! -fossero capitate delle disgrazie, dei feriti e anche dei morti, la vera colpa, parliamoci schietto, di chi sarebbe stata? della Francisca Carbone, forse, della miserabile Bricicca, che non dava fastidio a nessuno e vendeva tranquillamente i suoi spinassi? -Fra tante cose da dire, tante persone da nominare, quella, di cui parlò meno l’avvocato, fu giusto la Bricicca, una povera donna isterica, come la chiamò lui, mezza abbrutita dalla miseria e dai liquori, che accusava a torto i galantuomini per vendetta di non aver piú trovato un albero da impiccarsi secondo le sue speranze, -ma non importa niente, fu una difesa coi fiocchi, degna d’essere stampata senza cambiarci una virgola, e glielo disse il signor Costante all’avvocato Raibetta stesso, mentre il Tribunale si era ritirato a scrivere la sentenza, e lo ripeté in un crocchio di persone intelligenti: una difesa magnifica, che Priario e Borgonovo non avrebbero potuto farla meglio, e Priario e Borgonovo si sa chi sono! Potrebbero abolirle le difese, che si andrebbe avanti egualmente e sarebbe tanto tempo di risparmiato: i giudici stanno lí a sentirle e perché ci stieno non si sa, dormono o si rosicchiano le unghie pensando alla barba di Noè, e intanto, se non sulla carta, nella loro testa la sentenza è già fatta da un pezzo. Non si vorrebbe saper altro: cosa le serví alla Bricicca il gran discorso del suo avvocato, se venuta la sentenza, i due mesi di carcere domandati dal fisco e le duemila lire di multa, gliel’applicarono stupendamente, senza ribattere né d’un’ora né d’un centesimo? [..]

da La Bocca del lupo –
Remigio Zena

 

 

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(Nell’Origine delle specie animali e vegetali non vengono mai descritti per il puro gusto della descrizione. Il libro pullula di fenomeni naturali, ma essi compaiono soltanto nella forma necessaria in quel momento, partecipano attivamente all’argomentazione, e immediatamente dopo lasciano il posto ad altri. Più di tutto, Darwin ama ricorrere all’esposizione seriale dei segni e alla collisione tra serie intersecantesi. E ad ogni passo, accumulando un po’ per volta segni essenziali, crea la sua gamma in crescendo.)

Osip Mandel’štam

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