Antonella Anedda e Josephine Massarella

Nuvole, io

II

fece me a me uscir di mente

DANTE, Purgatorio, VIII, 15

La sabbia quasi nera, il mare di cobalto.
Di colpo ero via da me stessa mi ero uscita di mente
in uno spazio che ancora non riconoscevo.
La pioggia all’improvviso quasi fossimo al Nord
e io non c’ero. Guardavo da un riquadro le cose
ero abbagliata da un lampo di magnesio dentro il cielo.
Lei, la me stessa con i piedi gelidi nell’acqua
non si muoveva frastornata dal vento.
Restava di spalle con lo sguardo puntato a un orizzonte
che solo lei vedeva. Allora ho ritirato i sandali,
l’asciugamano incrostato di sale. La pioggia finiva,
una nuvola schiariva nell’aria grigio-chiara.
Era tornato il tempo? scorreva nuovamente qualcosa?
Ho lasciato me stessa laggiú, indisturbata.

“165708” di Josephine Massarella (clip)

***
*****

Alghe, anemoni di mare

Vediamo il mondo quanto basta,
non di piú non di meno di quanto sopportiamo,
la testa che immergiamo nell’acqua è la sola promessa
di una vita ulteriore, nel grigio che sfuma ogni pensiero.
Le alghe oscillano arrossate dagli anemoni di mare.
La mente non fa male, il fondale trema
di una luce autunnale.
Vieni acqua buia intrecciami di ortica,
la crescita lenta è già finita.

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*****

Acqua-dolce

Ferma come una biscia che si finge morta
ma con gli occhi spalancati sul fondale
guardava l’acqua in cui bere, senza sale
senza la gola amara, solo la lingua liquida del fiume
tra le foglie di frassino e il canneto.
Sopravviveva in quel verde – in una tregua
mentre il greto le asciugava il vestito
con una luce di erba, ossa, ghiaia.

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*****

*

Ruinas

È tanto facile disfare eppure questa specie si conserva
e avanza crollando lungo i secoli. Come un tempo
distruggono gli archivi, tutto si perde
e torna in altre forme.
Dalla scogliera sale un accenno di torre medievale,
ma per il resto l’acqua ruota in su senza memoria,
solo lapilli di schiuma e legni morti.
Una notte abbiamo fatto un fuoco là nelle rovine
soffiando sui picchi delle braci
credendoci a un passo dalla luce
oltre quel minimo sostare uno nell’altra,
provando inutilmente
a scostare la legge dell’essere vicini e poi perduti.

*

Geografia 2

159 km da Mandas ad Arbatax
una vetrina con fiori di plastica
un’aiuola con fiori veri
il cimitero alle porte dopo la piazza con la chiesa
il campanile medievale a strisce
bandiere per la festa,
un vecchio su una panca di pietra.

(Non so farlo parlare, il silenzio è accurato
come dice Rothko nei suoi scritti
a chi gli domandava spiegazioni sulle tele).

È meglio annotare: tre file di sugheri
senza corteccia, oleastri, ginepri.
Una sequenza di paesi silenziosi,
piú silenziosi quanto piú il mare si allontana.
Un gregge, un cane.
Una ruspa che scava.
Una macchina piena di ragazze
sale sulle colline della Marmilla,
che è il nome modificato di mammella,
è terra calva e gialla.

La mia mente matematica cerca di calcolare
l’età delle ragazze, l’altezza delle colline,
e quanto può impiegare una pietra a rotolare
fino a colpire una seconda macchina che sale.
La mia mente politica ricorda
che a sud della costa occidentale si stendono
i profitti di un impero, gente del fare
affare del dire e del comprare, mercanti da scacciare
invece che morte per fame morte per malattia
fumo per i polmoni acqua nera e cani
peste per San Roc senza conchiglia.

La mia mente imparziale cerca di separare reale da irreale
ma il nostro passato è cresciuto
tanto da non poterlo fendere
né attraversare a piedi, aereo o nave.
So che non ha importanza se ci sbrighiamo a dimenticare.
Le sequenze di desiderio, la pellicola in cui ci muoviamo
a scatti che si placano: questo significa
imparare a decifrare.

Torno al paesaggio, alle ossa delle bestie
confuse con quelle dei sequestrati.
Ricordo che a sud-est c’è un lago artificiale
porta acqua e zanzare. Nebbie verdi.
Non ci sono orti, ma pioppi
bianco metallo da ipnotizzare.

Un gruppo di corvi circonda le rovine del Lazzaretto.
Un altro volteggia sui detenuti della Colonia penale.
Mancano 70 km alla costa.
La vegetazione è diventata fitta
rami di bosco e spine fanno tac sui vetri.
Cerco di ricordare un tuo gesto
ma non ho pazienza
so che se lo faccio mi colpisce il male.

Il treno rallenta la luce si apre il mare appare
uguale a sempre ma utile per sempre
a dimostrare come la pelle impallidisca
e si fenda se si tiene troppo a lungo nel sale.

*

Galassie

perche mi vinse il lume d’esta stella

Dante, Paradiso, IX, 33

Sognavo di osservare la terra da lontano,
vedevo i prati, la luna, la risacca
e come ogni marea scalzasse terra dall’acqua.
Volevo raggiungere Saturno, il mio pianeta
di fuoco e piombo, dunque nutrivo la malinconia.
Ruotavo nella nebbia per cercarti ed eri giù
tra i vivi. Amavi chi non ero o non sarei mai stata
ma là nel vuoto, in quella luce siderale vedevo
l’autunno che filava foglie di verde-ramo,
sentivo il tonfo del vento su un lenzuolo
mentre una voce chiamava un’altra voce
e questa rispondeva qualcosa nella sera
che avanzava con l’ombra sulle sedie.

Ero lassù già in gloria, già vinta dai lumi tra i pianeti
eppure mi struggevo ancora viva d’invidia per la vita.

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*****

*

Nel freddo

Pensa i morti e questi vivi che vanno verso casa
tra la pioggia e i lampioni, osservali
solo per un momento quando i gesti si fermano
dentro il suono del traffico e dei tuoni,
seguili nelle stanze ora dense di offese,
ora di amore, atomi che pensiamo perdurino
e che invece si perdono nel vuoto
che ci scuote al vento delle stelle e dei pianeti.

*

Amore

Assomiglia a un pigiama?
Il suo odore fa pensare a un lama?

Wystan Hugh Auden
Oh, dite che cos’e davvero l’ Amore

Somiglia a un pigiama e ha un odore di lama
e ci sono altre cose: l’asciugamano che si puo scambiare
le poltrone vicine davanti al televisore
l’insofferenza per le reciproche mancanze
che pero si svuota come si fa con le buste della spesa.
Molte leggende, il sesso sopravvalutato
ma non la solitudine che segue.
Quando mori mia madre mio padre raduno i vestiti,
se li mise sul letti, un cumulo di stoffa
e resto a lungo cosi, sotto quel peso di calore,
una notte e un giorno,
per poi alzarsi e innaffiare
le piante gia secche sul balcone.

*

Hoc corpus meum

ma è insieme che continuiamo a sprofondare, gomiti a cuneo,
ginocchia sbilanciate
mani che stringono il lenzuolo.
Solo spenta la luce si ripone il giogo
liberi di sognare ma divisi in due corsie,
come per un’operazione diverse anestesie,
e da quel vuoto in marcia su due binari bui.

*

Davanti agli armadi dei morti

1.

Si resta giorni interi inginocchiati tra stoffe
cinture, guanti rovesciati dai casetti
indecisi su cosa regalare, tenere, buttare,
poi l’incertezza trova la sua strada: infilare
la testa nel monte piu fitto della lana, stringersi
al nero dei cappotti, masticare in letargo
la pena lasciata come cibo. Farsi unatana
e li aspettare che ritorni l’amore per i vivi.

*

Artica

3.

Se l’avesse vista
se avesse visto la sua forma mortale
spalancare stanotte il frigorifero
e quasi entrare con il corpo
in quella navata di chiarore,
muta bevendo il latte
come le anime il sangue
spettrale soprattutto a se stessa
assetata di bianco, abbacinata dall’acciaio e dal ferro
bruciandosi le dita con il ghiaccio
avrebbe detto non è lei. Non è
quella che morendo ho lasciato
perche mi continnuasse.

*

Sois sage

Sois sage, o ma Douleur, et tiens-toi plus tranquille

Charles Baudelaire, Recueillement

Spegniti dolore anche solo per poco,
quel piccolo decrescere che concedono i farmaci,
ecco vedi è già notte il lago è nero,
il monte si replica sull’acqua,
che facciamo ancora svegli io e il tuo bruciore?
Vieni sonno confondici, rendi la schiena duttile,
scorri, concedici una tregua, addormentaci piano
non importa quanto tempo ci metti,
le dita sul lenzuolo sono ghiaccio e la spalla una fiamma
una distesa di neve e in alto un focolare.
Spegnetevi dolori oppure

andate dentro il sogno diventate echi
almeno per un po’ in quello spazio pietoso.
Siate gentili durare tanto a lungo non è saggio.

*

Osservazione 2

L’acqua e la terra e tutte le misure portate a corruzione
La vita bellissima e crudele
e il viso di una giovane infermiera
che traluce nel globo della flebo
davvero come una perla su una fronte chiara.

Fuori appena intravisto, un albero di tasso
spinge comunque nel prato le radici.
Cerca l’acqua nascosta. Non so l’ora precisa,
me è inverno, pomeriggio,
si accendono i lampioni nei cortili.
Sul ponte che unisce i reparti più lontani,
altri visi, altri corpi sfavillano tra i vetri
in un moto sospeso che ci acquieta
come una nave in porto dopo la traversata.

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*

Quaderno

Guardavo, allontanandomi, un oriente di conifere.

Osip Mandel’Stam

Guardavo, avvicinandomi, un torrente di olivi
vicino all’acqua con rami azzurro-fumo.
La luna già salita conciava intorno al monte
una pelliccia di nebbia.
Samos, spolpami, sputami sulla sabbia
con un fondo di vetro.
Pulisci la mia scorza, risuscita soltanto ciò che e vivo.
Scomponimi di atomi, lasciami attraversare dalle luci.

Light study – Josephine Massarella (clip)

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Osservazione 1

L’alba ci fa coraggio
questa luce che sale ci spinge ad ascoltare
dissolve ciò che deve. Dice: – ora
comincia a pelustrare
te per prima, scollando dalla mente la pelle del passato
prendendo senza
ira il tuo nulla tra le dita.

*

Futuro 2

La distanza si incrosta di dolore
eppure è inverno, tempo di piantare cose
scavare nella terra che scricchiola di neve.

*

Futuro 1

Qualcuno a quest’ora avrà finito di sognare
mentre i popoli migrano,
qualcuno si sarà di nuovo messo a letto,
per qualcuno il mattino non diventera mai sera,
qualcuno porterà fuori l’immondizia
e ascolterà lo scroscio della pioggia improvvisa.
Un gatto trotterà nel sentiero di ghiaia,
di nuovo sarà ancora notte,
con i platani chini sull’asfalto, le tende chiuse
e il corpo ancora in grado di obbedire.
In uno dei palazzi di fronte un cane resterà immobile
per ore vicino al suo padrone
nel suo futuro semplice di ciotola
in attesa di cibo che tintinna nell’aria.

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*****

*

Contrasto

Lo capite da sole parole
non vi posso più mostrare
con voi faccio del male. Non posso continuare
Non voglio ferire, non voglio lusinghare
ma restare nel calore minimo di un cerchio familiare.
Dunque parole siate buone, andate nel silenzio
abbasserò la voce fino in fondo.
Dalla bocca già escono solo sciami di lettere
cartigli medievali.
L’incontro dei vivi con i morti è il nostro affresco
Serve a rinunciare.

*

Eppure non ha senso
rimpiangere il passato,
provare nostalgia per quello che
crediamo di essere stati.
Ogni sette anni si rinnovano le cellule:
adesso siamo chi non eravamo.
Anche vivendo – lo dimentichiamo-
restiamo in carica per poco.

axaxa

È duro il cammino verso ciò che è chiaro
l’ho capito col tempo, forse soltanto questo è il dono
di invecchiare. Lo penso mentre smacchio un lenzuolo
con la candeggina, che stinga soprattuttto le inziali,
rigide di fili, di nodi, di punti croce
sul nome infittito di vocali.

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*

Sciami, fotoni

Gas che collidono, tempeste, scontro di comete,
in questo cielo curvo che ci appare in pace
nessuna eco, nessun solco d’aratro,
nessun tragitto di linfa
dalla radice del platano al suo nero,
solo uno stormire di foglie
fino alla stella irragiungibile
dove il tuo respiro rallentava.
Alla fine dell’inverno, senza neve
-è solo un altro lutto- mi dicevo- inosservato
nel mondo che s’intreccia al gelo.
All’improvviso invece in un angolo del letto
è apparso il sole, scavava silenzioso una sua strada
verso un luogo dove s’irradia luce
e non esistono i pronomi.

da Historiae –
Antonella Anedda

Green dream- Josephine Massarella (clip)

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* tutte le immagini sono tratte dal film sperimentale di Josephine Massarella (2018) “165708”