Piera Oppezzo e Alighiero Boetti

Momento di presente

Un certo minuto      per strada
Presente che succede.
Non l’incidente.      La vitalità del Niente?

Senza trama  
vampata
di percezioni saetta. Lì sul marciapiede
in un solo clic di lancetta.

Orologio all’angolo conferme
Presente in agguato      quel minuto.
Perentorio pressato. Un dove però     un quando.

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La strada

Sono fasci di luce
o la mia vita è a una svolta?

Le pere, le pesche
qui ci sono frutti, erbe.
compongono situazioni felici.

Si direbbe che di questi fasci
io mi avvolga e li porti con me,
perchè ho moltissima forza.

Invece, sto solo tentando la lotta
per dare alla mia vita…
che so, un gusto di pesca
e un suono umano,
come si ode spesso per strada.

Deve essere da quando
mi sento un’isola
che la strada mi emoziona tanto.
Perciò da moltissimo tempo.

La voce delle mani

Unite disunite alte –
sfarfalla di movimento.
Con voce a ritmo scroscia scoppia
l’applauso nella conca
tra questa e l’altra mano.

Qualcosa che non sopporta analisi

La parola la parola la parola
punta qui nella mia testa
mi impedisce di capire
c’è qualcosa che non sopporta analisi.

Posso solo intuire
che tra una scheggia e l’altra di parole
mi passa dentro un flusso
che è tutt’uno forse con la pelle.
Può salvarmi dal disastro della mente.

Una cosa relativa, la parola,
indicativa di quello che non dico
mentre quello che non dico
è questo fondo diventato la mia vita
fermo e sbattuto
che silenziosamente cerca di spostarsi.

Nello sforzo faccio incontri, delle cose,
affermo che il gesto realizza il desiderio
che il tatto è una frase compiuta
la parola un suono che non dà
ma cerca spiegazioni.

Crediamo d’impadronirci delle cose

Crediamo d’impadronirci delle cose
attraverso l’oggettività, ma l’oggettività
ci è talmente estranea che per viverla
dobbiamo prima tenderci verso dimensioni ignote
che ci rovesciano la realtà
ci inseriscono nel sogno.

Telefono amico

Soggetti come siamo, giustamente,
a rimproveri di idealismo e individualismo
perchè insistere ancora per rendere attendibile
un mondo che sia proprio,
specialmente quando gli avvenimenti
ci prendono dall’esterno (e con tutta evidenza
il chiuso è solo un particolare
a totale servizio di una paura radente
che richiede la presenza
di un telefono amico)

La sfera di cristallo

È come una sfera di cristallo
che mi rotola al fianco.
A volte me la sento dentro
come se fossimo una cosa sola.
Non so quale dei due momenti sia il peggiore:
l’assenza è con me
io sono l’assenza.
Il campo si confonde.

Comunque andiamo sempre insieme
a spiare dentro i boccioli e i semi
e sorridiamo di entusiasmo:
c’è qualcosa che non smette mai di nascere.

Succede che lei rotola violentemente
mi spiaccica contro il muro
come un insetto.
Sto lì, appiattita, per un po’
poi è passato poco tempo quando riprendo volume
e correndo la costringo a seguirmi.

Vivente vorrebbe prepararsi

Vivente vorrebbe prepararsi. A che cosa.
Oh. La beffa sarà imponente.
Averci pensato prima. Dirà al momento.
Quando il momento sarà un adesso.

Finire. Vivente prova a incitarsi.
Ma succede che su quel palco troppo esteso
le parole subito si tagliano in dettagli.
Imbrogli. Facile perdersi di vista.

Si va verso la conclusione risaputa
senza sapersi. Questa è la beffa.
Riparti. Preparati. Vivente si incoraggia
annaspando. I toni ancora sempre discordi.

Intanto la luce indica che il giorno comincia.
Si può finire davanti a tanto inizio?
La domanda si dilunga. Insegue. Così accecante.
Vivente le sorride. Si arrende.

La tinta di silenzio

Sua maestà Silenzio
quando si dice presenta
sembra già dare qualcosa.

Una tinta
allo smorto della situazione.

La tinta prende avvio galleggiando
attorio al corpo il corpo
segue stupito quelle onde.

Colorano il respiro
lo guidano fino al niente il niente
prende corpo nel corpo
e lì il Silenzio troneggia.

E lì disfa
     regale
        ogni parola.

Previsione

Di un costante spirito di adattamento
ci ha forniti
la nostra insufficienza
per cui
quando finalmente
rifiuteremo qualcosa
sarà l’ultima nostra volontà.

Semplice

Quello che sembra un inizio
si vorrebbe fosse semplice.
Da prendere come viene viene
ma che però sta insieme.

Quasi un muro portante.
Appoggiarsi lì. E fidarsi
del niente proprio niente che si sa.

Il mondo c’è

Che cerimonia
l’avvio della giornata.
Quell’annuncio che il mondo c’è
non smette di abbagliare.

Ci viaggi dentro
oggi come ieri come domani.
C’è. C’è. C’è. Non puoi
non puoi che sbalordire.

da Una lucida disperazione
Piera Oppezzo

[…] non si tratta mai di scrivere una certa poesia ma di fare poesia. Questo fare poesia può avere un centro diverso nei diversi periodi, è comunque un centro che alimento e definisco – tolgo all’indistinto – scrivendo. E così posso quindi dire: niente mi ispira. Il poetico è un equivoco che detta sentimenti equivoci, sentimenti sentimentali… Scrivo per decisione di scrivere… È darmi questo compito che è stata una ispirazione […]

Piera Oppezzo

[…] si può vagabondare sempre
anche chiudendo la porta di casa
non è vero che non c’è nessuno
ci sono io […]

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* le opere nell’articolo sono di
Alighiero Boetti

* fotografata è la stanza di un albergo sul mare