Ljubomir Levčev e Dora Boneva

 

Cerco la via
per scovare il nascondiglio dell’ultimo mago,
che ha dimenticato di morire,
ma non ha dimenticato il mistero del pane.
Non del pane che si vende oggi.
Né di quello di ieri, che si getta via.
Ho bisogno del mistero del pane di domani.
Il pane che si bacia.
Il pane che prende per mano i bambini
e li riporta a casa.

 

 

*

L’Arco
 

E ci trasportano correnti rovinose.
E legati all’albero maestro urliamo.
E ancora attraverso universi incantati
spingiamo i remi della speranza.
E da qualche parte
nelle amate Itache
i proci banchettano e gridano:
“Vivete l’oggi!”
“Non bisogna aspettare
che i morti tornino dal loro viaggio!”
Possono indossare i miei abiti,
alzare la mia coppa in un brindisi:
“Bevi fin in fondo!”
rotolarsi in una pozzanghera di successi…

Ma non possono tendere il mio arco!

Mio arco,
ritorto come una smorfia amara
al posto di una corda di nervi selvaggi
tendo verso di te
il mio
tormentoso
viaggio..
E gli abissi di nuovo mi chiamano.

E se un giorno scpmparirò in essi,
allora tra gli occhi stupefatti
si tenderà il mio arco da solo.
Un arco folle
per frecce come raggi di sole.

 

 

*

Magnolia
 

Bianchi alberi delle strade,
che
danzano danze aristocratiche.
Ciaccona.
Sarabanda.
Follia…

Che parole sono queste,
oscure come interiezioni?!
Passi dimenticati.
E un tempo danzati da tutti…
Bianchi alberi delle strade,
anche oggi mi salutate
con un cenno del braccio incomprensibile.
Voi saltellate come bambini
con enormi nastri festivi.
E mi raggiungete.
E mi abbracciate.
E mi baciate…
Con quelle labbra dalle quali promana in te
l’alito di un altro essere.

Magnolia!
Magnolia grandiflora!…
Una volta nella verde e giovane
e magnetica città di Batumi
ho strappato da te un fiore –
cara Magnolia.

E durante la notte
nella stanzetta d’albergo
rilucevi come una luna
immersa in un bicchiere svuotato.
Tu brillavi come un segno divino! …
E io mi contorcevo.
Io morivo –
in fulmini passati
e nella pioggia futura,
e in questo angoscioso dormiveglia:

…Andavo alla mensa con i miei due figli,
quando tu mi hai chiamato
e sei corsa verso di me.
Sorridente,
in un bianco domenicale, mi hai raggiunto
e mi hai baciato e mi ha pervaso questa dolce
e aromatica
e inebriante perdizione…

…La mattina
sono arrivati i miei amici
e si sono messi a gridare:
“Ma sei pazzo!
Dormire con la Magnolia,
è come se
ti sposassi per amore!”

Arrivarono i miei amici.
Aprirono la finestra.
Buttarono via il fiore velenoso
sulla strada,
dove prese a danzare.
Lavarono il bicchiere
e vi ci versarono
lo stesso
scintillante,
di sangue freddo e appena appena
colpevole vino degli oblii…

Alla salute!

Alla salute e ultimo addio,
mio ultimo amore e inganno.
Mia religione –
Magnolia, Magnolia!…

Trasfòrmati in una
melodia senza parole!…
Severa!
Come la Follia di Corelli…
Addio!

 

 

*

Il Pendolo di Foucault
 

Mi chiedono con parole buone e cattive:
come riesci a conciliare
i freddi doveri professionali
e la libertà?
Come riesco ad armonizzare
la giacca da impiegato
e il canto?…
Rispondo sempre con un sorriso.
Rispondo:
“Come tutti…”
Ma ora,
quando sono rimasto da solo con me stesso
e tra me e me
c’è solo questo foglio trasparente,
questo crudele schermo della coscienza,
non voglio e non posso nascondere –
questa diarchia mi costa molto cara!
Molto cara!
Invidio gli alberi
perché
non hanno le ali.
In verità
fanno qualche cenno con i rami.
Ma è solo
un gioco del volo.
Danza verde.
Preghiera.
Confessione davanti al dio Vento –
questo dio inventato, inesistente.
Perciò se vedete
gli alberi volare,
preparate la borsa per l’altro mondo.
Gli alberi rimangono sempre fedeli
alla loro essenza.
E questa è la radice!
Questa è la terra!
E questa inumana immutabilità…
Invidio anche gli uccelli,
perché non hanno radici.
In realtà le loro zampe tese
durante il volo,
le unghie, conficcate nel nulla,
ricordano radici.
Ma questo è solo
un’illusione,
una comoda posa,
questa è la nostra visione ingiuriosa.
Perché
gli uccelli restano
profondamente fedeli allo spazio,
all’eterno movimento,
allo slancio!
Perché la loro essenza è l’ala!
Cosa possiamo fare noi –
tutti noi,
che abbiamo radice e ala –
nel nostro profondo
(e ancora più in alto) –
segno
di un’epoca catastrofica.
E, lasciatemi anche dire –
segno
di quella che verrà dopo di lei.

Dalla radice all’ala –
questo pendolo
dimostra che la terra gira.
Sulle mie tempie scorre una lava bianca.
E sento –
da qualche parte nelle grotte
della mia essenza sconosciuta
tuonano le esplosioni del cuore.
Salute a voi, elementi di distruzione!
Ali e radici,
fatemi a pezzi…
e state bene!

 

 

*

Senza lacrime
 
A Stefan Danailov
 

Com’è facile innamorarsi
a vent’anni.
E com’è facile
essere lasciato…

Ho abbracciato venti impetuosi
Ho baciato piogge.
Mi sono rotolato sui prati di tenerezza umida.
E quando ti respingevano
In un “addio” infinito,
pensavo di morire.

Ma mi salvavano quelle trame
di giovani raggi di sole.
Saltellavo su di essi
così come
i bambini saltano sui letti a molle.
E il mio viso rideva,
freddo per le lacrime asciutte.
Le ragazze
come magie
mi venivano attorno.
E sentivo meglio la libertà
dopo il dolore della separazione.

E com’è terribile essere innamorato
a quarant’anni.
E com’è terribile
essere lasciato.

Senza “addio”.
Senza magie.
Senza lacrime.
La separazione non porta la libertà.

 
E penso di non morire.

 

 

*

Appassionato
 

Amo il cielo di notte,
perché lui solo è nudo.
E questa luce del giorno mi impedisce
di guardare la nudità dell’Universo.

Oh questa nudità delle stelle! …

Non rivestirti!
Voglio guardarti.
Per decifrare la tua materia,
che così prepotentemente mi attrae.

Amami!
Sii la mia notte!

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*

Postamore
 

Una volta incontrai
una strega minorenne.
Non ne può esistere una più bella.
Eri tu quella…
Mi hai dato qualcosa da bere,
perché ti rimanessi per sempre fedele,
consacrato
e tuo.

Ricordi come giocavamo
noi due a baciarci?
Ricordi come giocavamo
noi due a far l’amore?
E quando capimmo che quelli
erano baci autentici,
e quando capimmo
che era amore autentico,
il gioco,
cara,
finì!
Finì
il gioco
cara.

E il mio braccio divenne solo un braccio.
Smise di essere un’ala.
E il letto divenne
soltanto un letto.
Il cielo –
il nulla…
Ma allora cos’è questo
che
ora ci unisce,
ora ci inebria,
ora ci infiamma?
Come si chiama?
Dillo!
Forse postamore…

Sento un cuore.
Batte terribile e folle.
Ma noi siamo così vicini,
che non so più se è il mio,
o il tuo,
cara.

 

 

*

Luna di giorno
 

Questo mondo è fatto
di Terra, Cielo e Perché.

Ecco –
e io,
come tutti,
cerco la chiarezza delle cose.
La forma diventi formula.
La conoscenza, utilità…
Ma
perché,
leggendo in tram le ultime notizie,
o più tardi,
ascoltando
la voce drastica dei superiori,
perché
guardo sempre con un occhio
rivolto al cielo?
Perché?
Sento la tua presenza,
luna di giorno.
Appena percettibile
come la cicatrice di una vaccinazione.
Perché?
…E mangiando alla mensa.
E finendo di scrivere un articolo urgente.
Io ti ho sempre presente.
Tu mi distrai,
luna di giorno –
trasparente, bianco fantasma –
segreto…

Cosa fai in questo pomeriggio assolato?
Sei in ritardo?
O in anticipo?
Per te forse questo
è la stessa cosa?…
Ma non per me!
Io sono passeggero.
Io sono breve come i miei versi.
Io cerco la chiarezza delle cose…

Oh, velo nuziale strappato,
scagliato nell’azzurro!
Sei forse un ricordo di una notte passata
o un presentimento del futuro?

 

 

+

Quando all’improvviso salta la corrente
 

Quando all’improvviso salta la corrente
io mi alzo
per aprire la finestra.
Perché?
Che rapporto c’è? …
Procedo
con cautela, per non sbattere
sul cadavere della luce.
Apro.
Come se qualcosa debba uscire fuori.
E respiro a fondo l’aria fredda.
Ma non è che stia meglio.

Il buio nei campi è come una ninna-nanna:
“C’est la chanson de mon village…” –
e così via.
Il buio nel bosco può essere pericoloso,
ma è naturale.
Solo il buio di città è mostruoso e impossibile.
È nuovo.
Non dipende dal sole
e da diverse simili entità lontane.
Potresti immaginarlo –
scale distrutte,
il contorcersi di fili spezzati…
se non sono poi i tuoi stessi nervi.

E così, quando d’improvviso salta la corrente,
io sto alla finestra
tra le mosche morte,
trasformato in ascolto.
Chi dice che dalla pietra non può nascere nulla?
Ecco,
io vedo
come spuntano tracce sul marciapiede
e come ondeggiano
sempre più in alto i loro steli sottili,
che finiscono con una criniera di canna.
Ah, questo osceno riso dei teppisti,
che mi fa raggrinzire le dita della mano destra…

Così che, in realtà,
quando salta la corrente,
io vedo
infinite cose, invisibili alla luce.
Per esempio:
all’improvviso capisco
che in città è raccolta
una quantità pericolosa di persone
per ogni metro quadro illuminato.
E non ha più nessun significato,
se sei stato Anteo,
perché
hai molti piani sotto di te
ed essi sono la tua terra.
E ascolti
che nella stanza sotto di te,
uguale alla tua,
la tua terra apre il comò
e cerca una candela o un fiammifero,
o tutti e due…
E non ha più alcun significato
se sei stato Icaro,
perché
sopra di te ci sono alcuni piani.
E questi sono il tuo cielo.
E ascolti
come il tuo cielo apra
la stessa finestra sopra di te.
E pensi:
“Spero almeno che non mi sputi addosso…”

Oh, solo le persone sono autentiche.
Devi volare verso di loro
e atterrare.
Non mi parlate di cosmi,
divorati da filossere stellari…
E poi un’altra cosa:
quando all’improvviso salta la corrente,
quando io sto turbato alla finestra
avendo perso l’opportunità di concludere
fatalmente il lavoro della giornata,
allora
ho notato che sempre
un invisibile motociclista
attraversa le vie scomparse
e forza al massimo il gas
della sua moto a due tempi
e senza silenziatori.
E sento come il buio mi penetra
attraverso le orecchie.

Allora prego,
allora giuro
che mai più
lascerò qualcosa di importante
all’ultimo momento.
Solo che ora ritorni la corrente!
Non perderò tempo con simili
temi immaginati e grafomani.
Scriverò su ciò che è importante,
che emozioni tutti.
Solo che ora torni la luce!
Lavorerò di giorno,
e la sera andrò a letto con le galline.
Che non si tratti ora di un guasto importante!
E troverò il telefono dei vicini.
E telefonerò loro subito.
Anche se sono già andati a letto –
mi scuserò con loro,
li pregherò
di chiamare mia madre
per una questione della massima importanza.
E quando spaventata mi chiederà:
“Che è successo?”
Io le dirò che volevo solo sentire la sua voce.
Che sto bene.
E lei come sta?
E le augurerò la buona notte.
E le dirò che la bacio,
perché l’avevo baciata venticinque anni prima…
Che solo torni la corrente!
Che torni subito la luce!…

Che i diavoli li portino via,
ecco così
sono nate tutte le religioni!…

 

*

Quando il cognac è finito
 

Adesso andate tutti via,
benevolenti,
consiglieri,
ansiosi di come io debba essere!…
..-Voglio essere il tappino di latta
di una bottiglietta di limonata.
Voglio che mia figlia,
vestendosi la mattina,
mi nasconda
nella taschina del suo grembiulino.
Per avere qualcosa di casa
nascosto all’asilo.
Perché non è permesso
portare qualcosa di simile.
Qualcosa di così necessario!…

Quando è necessario,
io di colpo divento raggiante –
dentato,
argenteo,
come una stella.
E mia figlia sorriderà…

Che si infranga pure il divieto!

 

 

*

Posa n.13
 

Vengono per posare come illuminati.
Nello sporco atelier
si raggelano
come per l’eternità.

Ma…
Proprio questa eternità li distrugge.

Dopo quindici minuti
diventano nervosi,
chiedono una sigaretta.
E gemono,
come se fossero passati
quindici secoli.
Allora
tutti si ricordano di colpo
di un incontro importante
o di una riunione,
o di un concerto…

E se ne vanno!

Mia moglie è una pittrice!
Lei sa
che tutti si ricorderanno di qualcosa
molto presto.
E si affretta in quindici minuti
a carpire ciò che è eterno nell’indole:
Occhi fieri.
Fronte intelligente.
Il sorriso radioso con nonchalance.
E poi l’umiltà…
sì, l’umiltà!
Perché la personalità si stanca
e la posa diventa prosa…

E tutti se ne vanno!

Allora entro nell’atelier.
Allora scocca la mia ora!
Mia moglie mi sistema al posto
della personalità che ha dato le dimissioni.
Mi anestetizza con due o tre baci,
all’odore di trementina.
E prosegue.

E così rimango in posa per giorni interi
per la gamba di qualcuno,
per il braccio,
per la spalla,
per il petto
o per tutto…
Contaminato dal fulgore altrui.
Ispirato
come una bambino, che gioca a:
Zar,
felice…
ono…
mastico…
E vi devo dire che ce la faccio!
Sto lì e penso a varie cose.
Sto lì così
e penso.

A volte penso come la gloria
cammini con le mie gambe.
Come si gratti con la mia mano…
E quando intuisco che sto vagando –
io, nullità
prossima
e senza nome –
nei saloni dell’eternità,
la cosa mi fa molto piacere
e mi diverte.
“Ehi, ehi!”
si arrabbia mia moglie dietro il cavalletto.
“Ma non t’ho spiegato che devi fare il sognatore!
Perché ridacchi come un cretino?”

Allora mi irrigidisco in posa.
“Scusami,” dico,
“stavo solo pensando”

 

*

Visione in versi
 

Vivo
col mio
assassino
nello stesso circolo,
nella stessa ora…
E lui chiama suo questo mondo.
E io…

Ora sediamo – in tre con la menzogna.
Lei ci abbraccia
come comune amante.
Mesce nei nostri bicchieri…

“Alla salute!”
dice il mio assassino.

I suoi occhi brillano
come enormi diamanti.
Una lacrimuccia si stacca
e cade nella bevanda…

“Alla salute!”
dico io.
E bevo.

Ma sento che quel vino sgorga
dalla ferita,
si incolla sul petto
e appare sulla mia camicia
come una visione rossa…
L’assassino mi guarda atterrito.
Comincia a gridare,
che gli manca l’aria.
Mi prega di un sorso di compassione.
E carezza la mia
mano
in putrefazione.

Io giuro
che non mi fa male.

La menzogna sorride con compiacenza.
E lui ascolta impietrito.
“E inoltre,”
dico io,
“la morte, in generale, non è terrificante.

Terrificante è
il tradimento di un amico –
molto puro,
puro come un cristallo
e luminoso…

E ancora più terrificante è
il rassegnarsi a tutto,
l’abbraccio col nemico.”
 

 da I passi dell’ombra –
Ljubomir Levčev

 

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i dipinti sono tutti della moglie pittrice
Dora Boneva