Lo specchio di bronzo – Irina Ermakova

 

 

Acceso un falò, ho alimentato la fiamma
e vi ho versato mille gocce di sangue,
oro del mio sangue in lento incedere,
addensato, dolente e veggente.
Con esultanza, urla e smanie il fuoco
ha dato in crepiti di lingue infuocate
e fucilato il brulicante buio con scintille
libratesi, poi, a fare breccia nelle stelle.
Puntellato il cielo, una colonna di fumo,
con ondeggio di drago dalle squame sfavillanti,
è filtrata nell’orecchio del mondo superno.

Le stelle hanno preso a crepitare, rombare,
volteggiare in un palpito sempre piú rapido,
attorcendo in un limpido nastro verde
i ghiribizzi dei bagliori elettrici,
l’aurora boreale.

Ho appeso tutto intorno al fuoco amuleti
su rossi tronchi di abete e di cedro,
su tronchi solidi nodosi-snelli,
su fitte fronde intirizzite,
sui rami insonni di cespugli nevosi.
Nel cerchio tracciato hanno preso a tinnire tizzoni
e, sotto, calde radici si sono smosse,
un cumulo di neve – orso in tana – ha preso a trarsi,
il sangue della terra si è sciolto, dischiuso,
si è ridestato il sale della terra e, con la neve semisciolta,
è filtrato nell’orecchio del mondo infero.

Hanno preso a ondeggiare i sensibili amuleti
fatti d’osso di tricheco, di artiglio d’uccello,
e sopra vi hanno divampato scongiuri,
iniziando a giocare con la limpida luce verde del luccichio boreale.

E allora io, d’un balzo – un colpo al tamburello –
come un lupo acceso ho preso a volteggiare in una danza:
mille spiriti dei santi, convergete!
mille spiriti dei santi, accorrete!
mille spiriti dei santi, convolate! –
date ausilio oggi al vecchio Jaro.

Per mille anni ho custodito questa terra –
la terra e coloro che vi hanno dimora
e corrono, coltivano, pensano, respirano,
nuotano, amano, cantano, volano;
tutti coloro che germina la terra custodita.
Per mille anni ho retto tutto questo:

ho ammansito i letti dei fiumi, gremendoli di pesci,
domato i boschi, munendoli di selvaggina,
rinvigorito l’aria con piume di uccelli,
acuito i recessi, moltiplicando ricchezze,
respinto i nemici, i violatori di confine,
ma la mia forza, oggi, va scemando.

Il tempo si è infiammato, distorto.
Si è deformato il corpo della cara terra.
Stesa sul mondo di mezzo, una nebbia ingorda
non dà respiro ed è roco il mio tamburello.
Si è immemori di tutto. Ci si mangia l’un l’altro.
E il dolore altrui nessuno avverte.

Questo dolore mi ha róso, arso.
Occupa gli occhi uno scricchio: ghiaccio di lacrime.
Sotto l’umida terra, nel gelo perenne,
la sofferenza si alza ribollendo.
Si scuotono, gemendo, le montagne.
Ammanta i mari malati una schiuma.

Soccorretemi, compagni battaglieri.
Sono stanco, colleghi, ma andarmene non posso.
A chi affidare il tutto? Qui ogni cosa viva
si è nascosta. Guarda in cagnesco la stella polare.
Sono oramai quasi diafano, ragazzi.
Affrettatevi, sorelle e fratelli miei.

I rami hanno preso a tremare, i cumuli – a smottare,
gli amuleti si sono sfarinati in una dolce cenere,
i nastri del cielo – aggrumati in un punto verde.
Affinché solo quest’ultimo signoreggi nel mondo
le stelle hanno imboccato in fila indiana le fauci del falò.
Il fuoco ha fatto largo, ammutolendo,
ombre si sono radunate, circondando lo sciamano,
e fischia, turbinando, un’aria nera:
la trasfigurazione del mondo ha inizio.
Comincia il suo rivoltamento.
 

da Lo specchio di bronzo –
Irina Ermakova

 
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* Dipinto: Amaterasu Ômikami. Nella religione shintoista è la Dea del Sole (https://it.wikipedia.org/wiki/Amaterasu)

** per quanto riguarda il titolo del libro. la poetessa spiega:

«Nei templi scintoisti non ci sono decorazioni. L’unico oggetto di devozione è uno specchio ricurvo di rame o bronzo polito e scintillante come il sembiante della dea del sole Amaterasu. Lo specchio simboleggia il cuore. Quando è puro e chiaro, lo specchio sacro riflette in sé l’immagine della divinità»

Sembra che lo specchio sia stato usato per costringere la divinità a venir fuori dalla caverna in cui si era nascosta.