Mio padre adesso riempie il mondo
della sua essenza: vedo solo lui.
È divenuto enorme nei paraggi
dell’ora suprema chiamata Finale.
Cammina da una riva all’altra
E la sua calvizie è la luna stessa.
Non è mai stato più santo di adesso
Ed è più terrestre che mai.
Non ho il diritto di parlargli. E se
lo tocco mi resta sulla mano
uno strano polline, come di farfalla,
E sono le dita atterrite e vecchie.
Mio padre abbandona la mia carne.
Gli occhiali solo gli ho sottratto
per portarli nel sonno quando giunge il Sogno,
per non diventare cieca
e non cadere dal letto.
Nina Cassian
