Monchoachi e David Damaison

Siamo partiti
Il cuore colmo di segni confusi
Di storie di ieri
Che la pioggia battente
Cercava di cancellare.
Un sentiero di laterite tra noi due, invalicabile.
Il profumo dei pruni ci dischiudeva
L’inebriante radura
Orlata da un immenso albero di ceiba
E da cumuli di pietre simili a tombe.
La pioggia cadeva incessante sui nostri corpi
E li rinfrescava
Quando lei si accovacciò e il suo sesso
Illuminò l’erba verde.
Ci siamo incontrati di nuovo
Là dove il tempo e lo spazio
Si ricongiungono, all’aria aperta.
A lungo, dopo che la notte era calata,
Il cielo rimase splendente di rosso.

David Damoison

Ogni mattina la casa era assediata
Trafitta da ogni parte da fiotti dorati
Di quella luce oleosa dei mesi di siccità
Che penetrava tra i listelli delle persiane
Col canto loquace degli uccelli
Tra le pareti e gli strati di lamiera
Sotto la porta consumata dalla pioggia e dal sale.
Tutto è maledetto
Non solo gli alberi di fico e i poeti
Visto che ogni fine è tragica
E – purtroppo è così – tutto ha una fine
Anche se ne cerchiamo sempre
E ogni volta stupidamente la ragione
Dopo aver abbandonato l’idea,
Che tuttavia ci riempiva il palmo della mano
Con la stessa felicità che ci procura un sasso,
Di essere governati dal destino.

Belli e patetici, gli alberi di fico
Nel loro slancio
Per trattenere la vita,
Stringerla contro il petto
Per cantarla.
E anche l’amore, con il profumo
E l’intensità della rosa
Che noi vorremmo
Come lo sguardo di certi animali
Non si spegnesse mai.

David Damaison

Accostate a fatica
La dolcezza infinita delle palpebre –
Due foglie di menta quando
Si abbassano – le spalle fragili
Come queste notti di aprile;
Congiunte a fatica
Le mani affusolate e le dita –
Carezze di aghi di pino
Sotto il vento

All’improvviso
Ci siamo ritrovati soli
Da una parte e dall’altra del deserto,
Le ali ripiegate
Lo sguardo nascosto sotto le ciglia.

Donna che spazza le foglie morte
Ogni mattina davanti alla sua porta
Labbra rinsecchite, capelli disfatti
Invisibile
Lo sguardo smarrito come una vita persa
Sulla strada che poco prima l’ha vista passare
Profumata di fiori di campeccio
La pelle tesa come una bacca di giuggiolo,

Anche il mondo è come il dolore,
In frantumi.

David Damaison

Forse le parole non sono
Altro che pale
A volte ardenti
Che servono a seppellire il dolore. Probabilmente
Abbiamo offeso il messaggero
Venuto a scioglierci la lingua.

E mentre si protende là
Verso la luce
Abbracciandola e stringendola,
Abbassa le ciglia
Acconsentendo: di avere questo destino,
In sé, di sparire.
Solo gli uccelli
Hanno questi gesti che vanno dritti
Al nostro cuore
Quando volano nel salgemma
E silenziosi scompaiono
Tra il bordo oscuro
E la luce,
Sforzandosi con le loro ali di svelare
L’insondabile congiura.
E a maggior ragione, noi
Con loro, dovremmo accontentarci
Del soave e ineffabile splendore
Di un grazie, pronunciato
E svanito in un istante

da Sosthène –
Monchoachi
traduzione Francesco Marotta

David Damaison

* Queste poesie del poeta creolo Monchoachi sono state prese dal sito della Dimora del tempo sospeso dove al seguente link ne troverete altre, splendidamente tradotte da Francesco Marotta:
Monchoachi tradotto da Francesco Marotta

 

David Damaison

** in copertina
David Damaison