Robert Frost e Carolyn Drake

Una camminata sul tardi

Quando risalgo traverso il campo falciato,
Quel che resta, mozzato dall’ultima fienagione,
Giace liscio come un tetto di paglia carico di rugiada,
Quasi chiude il sentiero dell’orto.
E quando giungo al quadro di terra,
Il sobrio fremere d’ali dei passeri
Che sale dal groviglio di erbe rinsecchite
E’ più triste di qualunque parola

Un albero accanto al muro si erge
nudo,
Ma una foglia imbrunita che vi era ancora sospesa,
Disturbata, non dubito, dai miei pensieri,
Con un crepitio cade leggera.

Dal mio procedere mi scosto poco lontano
Cogliendo il blu ormai tenue
Dell’ultimo fiore d’astro che resta
Per portarlo ancora a te.

Il Pascolo
Esco a ripulire la fonte del pascolo
Mi fermo solo per levare le foglie col rastrello
(E aspettare di vedere l’acqua limpida, magari):
Non sto via tanto. Vieni anche tu.

Esco a riprendere il vitellino
Che se ne sta in piedi accanto alla madre.
E’ così giovane,
Trema tutto quando lo lecca con la sua lingua.
Non sto via tanto. Vieni anche tu.

Ottobre

Oh mattino gentile d’ottobre silente,
Nell’autunno sono maturate le tue foglie;
Domani il vento, se infuria tagliente,
Infierirà su tutte quante le spoglie.
I corvi chiamano da sopra le foreste;
E domani già potrebbero volarsene in stormo.
Oh mattino gentile d’ottobre silente,
Incedi con lentezza le ore di questo giorno.
Fa che il dì ci paia meno breve.
I cuori non sono avversi all’inganno che mente,
Come sai tu, ingannaci tutt’intorno.
Lascia cadere una foglia allo spuntare dell’alba;
Al mezzodì lasciane cadere un’altra lieve;
Una dai nostri alberi, solo di lontano un’altra.
Rallenta il sole con la foschia tenue;
Incanta il creato con ametiste.
Piano, piano!
Per il bene dell’uva,
Le cui foglie dal gelo sono già ferite,
Il cui frutto a grappolo altrimenti perisce –
Per il bene dell’uva lungo le mura.

Il suono degli alberi

Mi dan da pensare gli alberi.
Perché mai desideriamo sopportare
Per sempre il loro rumore
Più che ogni altro rumore
Così vicino alla nostra dimora?
Ci tediano lungo tutta la giornata
Finché perdiamo del tutto la misura del ritmo,
E la concentrazione nelle nostre gioiose faccende,
E ci mettiamo in ascolto.
È proprio questo che parla sempre di andare
Senza mai andarsene via;
E che parla non meno, sapendo
Man a mano che si fa saggio e invecchia,
Che adesso vuol dire restare.
Il mio piede dà uno strattone al pavimento
E la testa si inclina sulla spalla
A volte quando vedo gli alberi oscillare,
Dalla finestra o dalla porta.
Dovrei davvero andarmene via,
Dovrei fare la scelta ardita
Un giorno quando sono così intonati
E si danno scrollate tali da spaventare
Le nubi bianche sopra di loro.
Dovrei aver meno da dire,
E piuttosto andarmene.

Nell’abbandono

Ci lasciano andare per la via che abbiamo preso,
Come se in noi due fosse la prova del loro torto,
Tanto che a volte sediamo in un cantuccio al ciglio della strada,
Con sguardo malizioso, vagabondo e serafico
E proviamo se riusciamo a non sentirci abbandonati .

Robert Frost

 

 

* ph. Carolyn Drake