
spegnermi
spegnermi
sciogliersi
finché poi
di me
di noi
di tutto
non resti
che charme
Olanda Wischral
dovremmo poter evaporare
quanto più ci pare
non lasciarci dietro
brandelli ricordi carcasse
gocce di sangue scheletri teschi
e queste fitte al cuore
che non mi lasciano dormire.
*
Transpenonbra
tempesta
che passa
ma lascia i petali intatti
sei passata in me
le tue ali aperte
ė passata
ma sento ancora un dolore
nel punto esatto del corpo
che la tua ombra ha toccato
che razza di dolore è questo
che quanto più duole
più ne esce sole?
*
un uomo con un dolore
è molto più elegante
cammina un po’ inclinato
come se avendo tardato
invece fosse avanti
porta il peso del dolore
come portasse medaglie
una corona, un milione di dollari
o una cosa di pari valore
oppio eden analgesici
non toccatemi questo dolore
è tutto quello che mi resta
la mia ultima opera,
soffrire,
è questa.
*
Senza buddismo
Un buon
poema finisce zero a zero.
Finisce con.
Non come voglio io.
Comincia senza.
Con, diciamo, verso
certo, veleno di lettera,
bolero. O meno.
Togli qui, metti lì,
luogo, non binario.
Prosegue di per sé,
E va piano
e va lontano:
ma solitario.
*
Avvertenza per i naufraghi
Questa poesia, ad esempio,
non nasce per essere letta.
Nasce per essere pallida,
mero plagio dell’Iliade,
qualche cosa che tace,
figlia che torna al ramo,
molto dopo la caduta.
Nasce per restare spiaggia,
forse Andromeda, Antartide,
Himalaia, sillaba offesa,
nasce per essere ultima
quella ancora non nata.
Parole portate da altrove
dall’acqua del Nilo, papiro,
questa pagina, un giorno,
dovrà essere tradotta
in simbolo, in sanscrito
in ogni dialetto dell’India,
dovrà essere la brusca pietra
dove hanno fatto cadere il vetro.
Non è così che è la vita?
*
Come abbattere una nuvola a fucilate
sirene, bar in fiamme,
auto che si scontrano,
la notte mi chiama,
la cosa scritta a sangue
sui muri dei locali
e degli ospedali,
le poesie incomplete
e il rosso sempre verde dei semafori.
*
a una lettera piuma
solo si risponde
con alcuna risposta nessuna
così come se l’onda
non finisse in schiuma
così come se amare
fosse più che bruma
una cosa così complessa
come se un giorno di pioggia
fosse un ombrellino aperto
come se, ahi, come se,
di quanti come se,
si fa questa storia
che si chiama io e te
*
Ahi o non hai
Signore,
chiedo il potere sul sonno ,
questo sole cui mi consegno
a soffrire i miei ahi o non hai,
ombra, forse, dentro un sogno.
Voglio la forza del salto
dall’abisso in cui mi trovo
allo iato dove manco.
Dentro me, la, pietra,
e, affianco alla pietra,
quest’ombra, pietra che si sfa.
Pietra, lettera, stella a volontà,
si, voglio vivere senza fede,
passare la vita che resta
senza mai sapere chi è.
*
Nostalgica amnesia
A un amico che ha perduto la memoria
Memoria è cosa recente.
Fino a ieri, chi ricordava?
La cosa viene prima
o, prima, la parola?
A perdere il ricordo
gran cosa non si perde.
Le nuvole, sempre, bianche.
Il mare? Continua verde.
*
e vederti
verde venere
soffrire
a rivacielo
è vederci
in puro sogno
dove
vederti, vita
è alto vedere
attraverso un velo.
*
Ci vediamo
Anche te, materia bruta,
anche te, legno, massa e muscolo,
vodka, fegato e singhiozzo,
luce di cero, carta, carbone e nube,
pietra, carne di avocado, acqua di pioggia,
unghia, montagna, ferro infuocato,
anche voi avete nostalgia,
bruciatura di primo grado,
voglia di tornare a casa?
Argilla, spugna, marmo, gomma,
cemento, acciaio, vetro, vapore, panno e cartilagine,
tinta, cenere, guscio d’uovo, granello di sabbia,
primo giorno d’autunno, la parola primavera,
numero cinque, la sberla in faccia, la rima ricca,
la vita nuova, l’età media, la forza vecchia,
anche tu, mia cara materia,
ricordi quand’eravamo soltanto un’idea?
da Distratti vinceremo –
Paulo Leminski
Cura e traduzione di Massimiliano Damaggio
Ed. L’Arcolaio
*
vuoto acuto
vado mezzo
pieno di tutto
*
scurisce
ciò che manca
tranne il tuo nome
*
credici o no
questo grande se
è tutto ciò che ho
*
amore, è questa che amo
di vita
poggiare alla mia la tua
ferita
*
mezzogiorno tre colori
ho detto vento
e son caduti tutti i fiori
*
la stella cadente
m’è caduta ancora ardente
sul palmo della mano
*
apro un vecchio quaderno
e scopro
che un tempo ero eterno
*
soffio in questo bambù
e solo sento
quel che gli ha dato il vento
*
tutto chiaro
non era ancora il giorno
era solo il raggio
*
il castello
che il generale non poté conquistare
l’ombra degli alberi la sera
lo può fare
*
e finita la festa
la formica mangia della cicala
quel che resta
*
questa idea
non mi leveranno
materia è inganno
Ideolacrime
in Distratti Vinceremo
* opere di Anish Kooper
** un ringraziamento a Francesco Marotta e Massimiliano Damaggio per avermi permesso di conoscere l’autore di queste poesie.