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Ognuno cammina…
Ognuno cammina, ognuno lo sa.
Eppure viene fermato lungo le strade
finché attraverso masse di nebbia lo chiama
timida una luce come un sommesso
sperare e come comprensione della meta,
come un presagio di quel premio
che come chiusura del cerchio del camminare
significa ritorno nell’essere sospeso;
ospite senza nome è ognuno,
finché può scrivere il nome,
solo una parola, un tratto della penna,
tuttavia segno per un permanere,
trovando se stesso, riposo nel cammino
presso l’amico, l’io nell’altro.
*
Pensare alla fuga
Ancora una volta respiri, ancora una volta sai,
sai un’unica volta ancora
al margine dell’infinito il tuo sapere;
sai il rigoglio delle fronde di primavera
e il leggero vento che tenero come la neve soffia dall’alto,
sai ancora una volta, prima che te ne dimentichi,
la vicinanza.
Solo la vicinanza è infinita, solo lei divina;
ma la morte dedivinizzata degli incompiuti,
orribile di fronte all’immaturità, orribilmente inallontanabile
nel sul suo essere qui,
è senza infinitezza, è senza vicinanza.
Presto non toccherai mai più alcuna foglia, alcun fiore,
il tuo affanno te lo proibirà e la vergogna
di fronte a coloro le cui mani sono putrefatte.
Eppure non puoi lamentarti, perché
grido di vittoria e grido di lamento giungono insieme
dal pozzo della lontananza di follia,
nella tana dell’animale.
Inguardabile e odioso accadere, ma
sappiamo, deve essere,
ancor più: si rivelerà un giorno.
Per questo siamo obbligati
ad attendere.
Il divino sciupato e
dimenticato del ritratto
senza vicinanza
finché una foglia portata via dal vento
lo riporterà
vicinanza di ricordo tu stesso…
*
Dove stai cercando…
Dove stai cercando?
Dov’è la tua sosta?
Non sentì freddo?
Non lo so e non mi conosco
vedo il non volto dei mondi
e cerco direzione, cerco senso
in un essere che non sono,
che tu non sei,
che tuttavia è obiettivo e specchio,
uno scintillio di futura figura,
compito ancora eppure già sosta,
un oscuro cercare ancora eppure già giorno –
oh mano che era nella mia,
non sentì freddo?
La foresta vergine notturno…
La foresta vergine notturna è piena di grida ed animali,
eppure nessuno è nella foresta vergine della notte:
giaccio qui solo; l’animale è in me
e il suo grido è in me,
e nessun grido attraverso le labbra
perché nella foresta vergine della notte grida il silenzio.

Prato d’estate
Gravido dell’essere azzurro
s’abbassa palpitante,
palpitante l’invisibile
fino al vibrante prato:
respiro del sole nella corte dei monti
e sollevato verso le sfere giorno dopo giorno
ardore dopo ardore,
il cuore palpitante
indivisibile la nuvola
che mi porta.
da La verità solo nella forma –
Hermann Broch
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tutte le opere, compreso il video. sono dell’artista Irina Rodnikoff.