“…un unico fiore rosa” – P. Jaccottet e Hilma af Klint

 

 

“La morte è un momento, un’ora, un minuto; ma, curiosamente, non riesco a trovare il secondo”

 

 

 

 

[…] Scricchiolano tamburelli di ghiaccio.
Chiudo gli occhi.
C’è un mondo muto
c’è una fessura
dove i morti passano la frontiera
di nascosto.

Tomas Tranströmer

 

 

 

 

*

Con il vento sfrenato di oggi, le foglie logore, rugginose, salgono roteando come le braci disperse di un fuoco; e incrociano gli uccelli che i primi freddi riaccostano già alle case. Uno sforzo, in extremis, per ritrovarsi, sul fondo d’oro del freddo nel fogliame: non vi si dipingeranno più icone, ma forse un’altra cosa, un’altra specie di viso, o solo qualche segno di vita, e persino se si sfalda.

*

“Driade d’ala chiara di quegli alberi”…
Keats sogna di raggiungere il livello di ebbrezza dell’uccello cantore. Presenze: la notte estiva, i suoi profumi, un profondo desiderio di morire. “Fuggita è la musica…”

Sì, è fra le poesie più belle: eppure, continua a sfuggirle lo specifico della voce dell’usignolo, l’essenza della sua magia. Quella che ho tentato di cogliere una prima volta in una delle Note dal botro.

In Keats, il canto dell’usignolo è il primo solista nella notte d’estate; ma ancora di più è la proiezione al di fuori, o il risveglio dentro di sé, di una grande malinconia. Rilke, un secolo dopo, sarà molto più vicino al suo enigma: nell’Ottava elegia di Duino, ma anche in una lettera a Lou Salomé del 20 febbraio 1914: “Da qui inizia l’affascinante percorso dell’usignolo verso l’interno; il suo nido è quasi un grembo materno esteriore, a lui concesso dalla natura, e che si limita a curare e mantenere invece di esservi interamente chiuso. Così possiede, fra tutti gli animali, il rapporto affettivo più fiducioso con il mondo esterno, come sapesse di esservi legato dal più intimo segreto. Ecco perché canta nel cuore del mondo come se cantasse all’interno di sé, ecco perché accogliamo in noi così facilmente il suo canto, ci sembra di tradurlo nella nostra sensibilità senza perdita alcuna, e può persino trasformare per noi il mondo intero, almeno un attimo, in spazio interiore, perché sentiamo che l’uccello non distingue tra il suo cuore e quello del mondo”.

Una voce che non si rivolge a noi, che ci ignora, e perciò si mostra così pura, salendo come una fiamma liquida, un razzo liquido – un getto d’acqua.
Innalzandosi a spirale come certe meravigliose frasi musicali, a turbine; nel velluto della notte estiva.

E scorre verso l’alto.

Non malinconia, non lamento in quel pianto: come invece ci sembra di sentirne nel verso del gufo o nel gemito dei piccioni.
Neppure alcun nervosismo come, pur sempre in apparenza certo, nel grido delle rondini, o nel pigolare di certi passerotti. Appartiene alla notte, benché canti molto di giorno; al suono stesso della parola “notte”; sale dal folto degli alberi, dalle forre, come la voce stessa degli alberi.
È come acqua: dunque rinfresca, disseta l’udito.

Comincia con qualche esercizio; non s’invola al primo colpo, ma prende slancio. Dimentichiamo, a forza di non vederlo mai, che è un uccello a parlare così.

Rischiara la notte come un tenero razzo e con grande semplicità si unisce alla luna: in piena naturalezza sale incontro a lei.

E potrebbe sembrare anche un filo di perle per l’udito.

La radura di Clansayes, con le sue strade romane (galloromane?) che scavano solchi nella pietra, le querce verdi, i licheni grigi, come un altro luogo sacro – dove improvvisamente spunta un unico fiore rosa.

 

 

 

 

“Vento d’autunno
Oh quanto le piaceva
cogliere fiori rossi”
Issa

 

 

 

Le rose di macchia, così minute, così trasparenti, quasi senza peso, e per le quali si darebbero tutti i rosai del mondo, mentre ascoltiamo l’ultima prova di canto di un usignolo stanco o disilluso, come fosse una lunga striscia di fuoco.

 

 

 

 

*

Riflesso di lampade sul vetro. Poesie, come riflessi che non si spengano fatalmente con la nostra vita.

 

 

*

(Benedire è esattamente quello che bisognerebbe poter fare ancora.)

 

 
da Quegli ultimi rumori –
Philippe Jaccottet

 

 

 

 

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* in copertina Cress
Hilma af Klint
*** tutti i dipinti sono tratti dalla serie
On the Viewing of Flowers and Trees di
Hilma af Klint

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