La “sostanza dell’amore” – Vladimir Majakovskij e Tom Waits

 

forse che,
andando da te,
non vado a casa?

 

 

Scusatemi
dunque,
compagno Kostròv,
con la larghezza di spirito
a voi propria,
se parte
delle strofe assegnatemi per Parigi
io
sciuperò
per la lirica.
Immaginate:
entra
una bella nella sala,
adorna
di pellicce e di collane.
Io
la prendo per mano
e le dico
(in modo giusto)
o sbagliato?):
– Compagna,
io sono di Russia,
ben noto nel mio paese,
ho veduto
le ragazze più leggiadre,
ho veduto
ragazze più snelle.
Alle ragazze
piacciono i poeti.
Io sono arguto,
ho una voce squillante
e le abbaglio con belle parole,
per poco
che prestino orecchio.
Non mi lascio
acchiappare
su un’inezia,
su un’effimera
coppia di sentimenti.
Io sono infatti
per l’eternità
ferito dall’amore
e mi trascino a malapena.
Per me
l’amore
non si misura con le nozze.
Ha cessato d’amarmi?
È svanita.
Compagna,
in sommo grado
me ne infischio
delle cupole.
Ma perché scendere a particolari?
Smettete gli scherzi
mia bella,
non ho vent’anni,
ma trenta…
con una codina.
L’amore
non è
nel bollire più sodo,
non è
nell’esser bruciato come carboni,
ma in ciò
che sorge dalle montagne dei petti
sopra
le giungle dei capelli.
Amare
significa
correre in fondo
al cortile
e sino alla notte corvina
con l’ascia lucente
tagliare la legna,
giocando
con la propria
forza.
Amare
è sciogliersi
dalle lenzuola
strappate dall’insonnia,
gelosi di Copernico,
lui,
e non il marito d’una Maria Ivànovna
considerando
proprio
rivale.
Per noi
l’amore
annunzia ronzando
che di nuovo
è stato messo in marcia
il motore
raffreddato del cuore.
Voi
con Mosca
avete rotto il filo.
Gli anni
sono distanza.
Come
potrei
spiegarvi
questa situazione?
Sulla terra
luci sino al cielo…
Nel cielo azzurro
stelle
sino al diavolo.
S’io
non fossi poeta,
sarei
diventato
un astrologo.
La piazza leva frastuono,
le vetture si muovono,
io cammino,
scrivendo versi
nel mio taccuino.
Sfrecciano
le auto
per la via,
ma non mi gettano a terra.
Gli intelligenti
capiscono:
quell’uomo
è in estasi.
Uno stuolo di sogni
e di pensieri
mi riempie
sino all’orlo.
Qui
anche gli orsi
crescerebbero le alette.
Ed ecco
da una
mensa dozzinale,
quando
ogni cosa è al colmo del fervore,
dalla gola
alle stelle
si alza la parola
come una cometa d’oro.
La sua coda
è distesa
su un terzo dei cieli,
brilla
e splende il suo piumaggio,
perché due innamorati
scorgano le stelle
dalla loro
pergola di lilla.
Per sollevare
e condurre
e trascinare
coloro la cui vista è indebolita.
Per troncare
le teste
dei nemici
come una caudata
sciabola sfavillante.
Trattenendo
me stesso,
come a un convegno,
sino all’ultimo battito del petto,
tendo l’orecchio:
l’amore riprende a ronzare,
umano,
semplice.
Fuoco,
uragano
ed acqua
s’avanzano con un sordo brontolio.
Chi
saprebbe
dominarsi?
Potete?
Provateci

 

da Lettera al compagno Kostròv da Parigi sulla sostanza dell’amore –
Vladimir Majakovskij
Traduzione di Angelo Maria Ripellino

 

 

 

[26-27 ottobre 1921, Mosca-Riga]

Mio caro, mio dolce, mio amato, mio adorato Lisik!
Bisognerà consegnare le lettere ai corrieri senza chiuderle ed è terribilmente spiacevole pensare che degli estranei possano leggervi qualcosa di tenero. Approfitto della venuta di Vinokur1 per scriverti una lettera vera. Ho nostalgia, ho desiderio di te – e in che modo! – non trovo pace (oggi in particolare!) e penso solamente a te. Non vado da nessuna parte, gironzolo da un angolo all’altro, guardo nel tuo armadio vuoto, bacio le tue foto e le tue firme di micia. Spesso mi lamento rumorosamente, mi sto lamentando anche adesso. Ho così tanta, tanta voglia che tu non mi dimentichi! Nulla può essere più triste di una vita senza di te. Non dimenticarmi, per l’amor di Dio, io ti amo un milione di volte di più di tutti gli altri messi insieme. Non mi interessa vedere nessuno, non ho voglia di parlare con nessun altro che non sia tu. Il giorno più felice della mia vita sarà quello del tuo arrivo. Amami, bimba mia. Abbi cura di te, piccola, scrivi se hai bisogno di nulla. Ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio, ti bacio e ti bacio tuo

Se non mi scriverai nulla di te io impazzirò.

*

[28 (?) dicembre 1922, Mosca]

Lilëk

Vedo che sei ferma nella tua decisione. So che questo mio molestarti è per te una sofferenza. Ma, Lilëk, quello che oggi mi è successo è troppo terribile perché non mi aggrappi a quest’ultima pagliuzza, a questa lettera.
Non sono mai stato così male: forse sono veramente cresciuto troppo. Prima, quando tu mi cacciavi, potevo sperare in un incontro. Ma adesso sento che mi hanno completamente strappato dalla vita, che non ci sarà più nulla, mai più. Questo io l’ho sempre detto, l’ho sempre saputo, e adesso lo sento, lo sento con tutto il mio essere: tutto, tutto quello a cui prima pensavo con un qualche piacere adesso non possiede più alcun valore per me, è diventato una cosa che mi ripugna.
Io non ti sto minacciando, non ti sto estorcendo il perdono. Non mi farò niente, niente di male – per me è troppo terribile il pensiero della mamma e di Ljuda, da quel giorno il ricordo di Ljuda non mi ha mai abbandonato. Anche questa è una forma di maturità sentimentale. Io non posso prometterti nulla. So che non esiste promessa a cui tu possa credere. So che non esiste una possibilità di vederci, di riconciliarci, che non ti costringa a soffrire.
E tuttavia non sono nella condizione di non scrivere, di non chiederti di perdonare tutto.
Se hai preso questa tua decisione con fatica, lottando con te stessa, se vuoi tentare un’ultima volta, allora perdona, rispondimi.
Ma anche se non risponderai, sarai tu il mio unico pensiero. Così come ti amavo sette anni fa, ti amo anche in questo momento. Qualsiasi cosa tu voglia, qualsiasi cosa tu ordini, io lo farò sull’istante, lo farò con entusiasmo. Com’è terribile separarsi quando si sa che si ama e che si è colpevoli della separazione.
Sono seduto in un caffè e piango, le inservienti ridono di me. È terribile pensare che d’ora in avanti tutta la mia vita sarà così.
Scrivo solo di me, di te non parlo. Per me è tremendo anche solo pensare che tu possa essere tranquilla e che ogni attimo che passa ti stia allontanando da me, e che tra poco io sarò dimenticato completamente.
Se questa lettera risveglierà in te qualcos’altro che non sia soltanto sofferenza e disgusto, allora, per l’amor di Dio, rispondi, mi precipiterò immediatamente a casa, aspetterò. Altrimenti il mio dolore sarà terribile, terribile.
Ti bacio. Tutto tuo
io
Adesso sono le 10. Se per le 11 non avrai risposto saprò che non c’è nulla da aspettare.

*

[1-27 febbraio 1923, Mosca]

Ličika, solicello!

Oggi è l’1 febbraio. È da un mese che ho deciso di cominciare a scrivere questa lettera. Sono trascorsi 35 giorni. Per lo meno 500 ore d’ininterrotta meditazione!
Scrivo perché non sono più nella condizione di pensare a queste cose (mi si confonde la testa, se non parlo), perché penso: «Tutto è chiaro», tanto adesso (relativamente, s’intende) che in passato; perché ho semplicemente paura di provare troppa gioia al momento del nostro incontro e che tu possa ricevere, o più precisamente che io ti possa affibiare il mio solito stracciume di sempre condito con un po’ di gioia e d’arguzia. Scrivo questa lettera con estrema serietà. La scriverò soltanto di mattina, quando la mente è fresca e non sono ancora comparse le mie stanchezze, le mie cattiverie e irritazioni serali.
In ogni caso lascerò dei margini, di modo che, se mi viene in mente qualcos’altro, mi sia possibile annotarlo.
In questa lettera farò ogni sforzo per sfuggire a qualsiasi “emozione” o “condizione”. Questa lettera parlerà soltanto di quello che avrò verificato con sicurezza, di ciò che ho pensato in questi mesi, parlerà solo di fatti (1 febbraio). […]
Tu dovrai assolutamente leggere questa lettera, e pensare a me per un attimo almeno. Io sono così infinitamente lieto che tu esista, di tutto quello che è tuo, anche se non è in diretta relazione con me, che non voglio credere che non t’importi nulla di me.

Che cosa fare con “le cose vecchie”

Posso essere diverso?
Non riesco a capire come io sia potuto diventare come sono.
Io, che ogni anno buttavo fuori dalla stanza persino il materasso, persino la panca, io, che per ben tre volte ho condotto un’esistenza “non del tutto normale”, come quella di oggi – come ho potuto, come ho osato farmi rodere da un tarlo d’appartamento.
Non è una giustificazione, Ličika, è soltanto un nuovo indizio contro di me, una nuova conferma del mio essere caduto molto in basso.
Ma, bambina, qualsiasi sia la colpa che ho commesso, questo castigo basta anche per tutte le altre: non per questi mesi, ma perché adesso io non possiedo più né un semplice passato, né un passato antico, ma un solo, ininterrotto orrore che perdura dal ’17 a oggi e che non può essere dissipato da nulla. Orrore non è una parola, Ličika, è una condizione – io oggi potrei fare una descrizione in carne e sangue di qualsiasi aspetto della sofferenza umana. Sopporterò il mio castigo come se fosse meritato. Ma non voglio avere motivo di ricadergli in pugno. Per me il tempo trascorso prima del 28 dicembre, e per quel che ti riguarda fino al 28 febbraio, non esiste né in parole, né in lettere né in fatti.
Non esisterà mai più nessuna forma di quotidiano, in nulla! Nulla del vecchio quotidiano si insinuerà tra noi – QUESTO posso garantirlo con sicurezza. Di ciò me ne rendo garante in ogni caso. Se non riuscirò a farlo, allora non ti vedrò più, anche dopo che ci saremo rivisti, e che tu mi avrai accarezzato: se vedrò nuovamente il principio del quotidiano, io fuggirò. (Mi diverte quasi parlare di queste cose, io, che da due mesi vivo solo per gettarti uno sguardo il 28, senza essere neanche sicuro che tu me lo permetterai).
La mia decisione di non recar danno alla tua esistenza con nulla, nemmeno con un soffio, è sostanziale. Il fatto che tu, non foss’altro che per un mese, o un giorno, possa stare meglio senza di me piuttosto che con me, è un brutto colpo.
Questo è il mio desiderio, la mia speranza. Adesso non so ancora valutare la mia forza. Se me ne mancherà un pochino, aiutami, bambina. Se mi ridurrò a un vero e proprio straccio, usatemi almeno per spolverare le vostre scale. Il vecchiume è finito † (3 febbraio, 9 h 8 m).
Oggi (sempre di domenica) sto ancora piuttosto male da ieri. Farò a meno di scrivere. Mi opprime ancora un fatto: per qualche stupida ragione ho raccontato a Os’ka qualcosa della fine del poema: il risultato è una specie di ricatto al “perdono” – una situazione veramente stupida. A bella posta non terminerò il lavoro in un mese! Questo a parte, il voler conferire un interesse particolare a questo fatto è anch’essa una piccineria poetica. Quelli che parlano del poema probabilmente pensano: «Ha escogitato una maniera per incuriosire! Vecchio espediente!» Scusa, Lilëk: mi son lasciato scappare qualcosa sul poema soltanto per colpa del mio pessimo umore.
Oggi sono di umore molto “buono”. Ancora l’altro ieri pensavo che non fosse possibile vivere peggio. Ieri mi sono convinto che lo era: vuol dire che l’altro ieri non era poi così male.
Da tutto ciò, un solo vantaggio: i versi che ho composto dopo l’accaduto, che fino al giorno prima mi parevano incerti, sono diventati fermi e solidi.

A proposito della mia reclusione

Sono rimasto chiuso qua dentro fino a oggi con scrupolosa onestà, so che resterò così fino alle 3 del 28 febbraio. Perché lo faccio? Perché amo? Perché ci sono costretto? Per mantenere dei buoni rapporti tra noi?
Assolutamente no!!!
Sto qui perché sono io stesso a volerlo, perché voglio pensare a me stesso e alla mia vita.
E anche se non è così, voglio pensare e penserò che lo sia. Altrimenti tutto ciò non avrebbe né un nome né una giustificazione.
Solo pensando così ho potuto scriverti senza mentire biglietti del tipo: «Sto qui volentieri», ecc.
Ma, in generale, è possibile vivere così?
È possibile, ma solo per poco. Colui che avrà vissuto anche solo questi 39 giorni potrà ricevere senza indugi un attestato di immortalità.
Per questo non riesco ad avere alcuna idea su come sarà la mia vita futura basandomi su quest’esperienza. Non uno di questi 39 giorni si ripeterà mai più nel corso della mia futura esistenza. Posso solo parlare dei pensieri, delle convinzioni, delle speranze che in me si formeranno per il 28, e che saranno il punto di partenza da cui comincerà tutto il resto, il punto da cui si potranno tracciare tante linee quante ne avrò voglia e quante mi verranno.
Se tu non mi avessi conosciuto prima, questa lettera non sarebbe stata affatto necessaria, tutto sarebbe stato deciso dalla vita. Solo perché sull’immagine che ti sei fatta di me dal tempo delle passate traversate si sono attaccate un milione di conchigliette – di abitudini e di altre porcherie – solo per questo a te ora serve, oltre che il mio cognome, anche questa raccomandazione.
E adesso parliamo di quello che ho creato:

Ti amo? (5/II 23)

Io ti amo, ti amo nonostante tutto e grazie a tutto, ti ho amato, ti amo e ti amerò, sia tu dura con me o gentile, mia o di un altro. Comunque ti amerò. Amen. È ridicolo scrivere queste cose, le sai da sola.
Qui avrei voglia di scrivere moltissimo. Mi sono appositamente lasciato un giorno per pensare con precisione a tutto ciò. Ma questa mattina ho come l’insopportabile sensazione che per te tutto questo sia inutile.
Soltanto il desiderio di metter ordine tra i miei pensieri mi ha spinto a buttar giù queste righe.
È poco probabile che un giorno tu legga quello che è stato scritto in queste pagine. È bene, quindi, che me ne convinca per tempo. È una pena che nei giorni in cui volevo essere forte per te, persino al mattino si sia fatta sentire quest’infinita sofferenza. Se non avrò il più completo controllo di me stesso – non mi metterò più a scrivere (6/II).
Di nuovo parliamo del mio amore. Della famigerata attività. Per me nell’amore si esaurisce forse tutto? Tutto, solo in un altro modo. L’amore è la vita, è la cosa principale. Dall’amore si dispiegano i versi, e le azioni, e tutto il resto. L’amore è il cuore di tutte le cose. Se il cuore interrompe il suo lavoro, anche tutto il resto si atrofizza, diventa superfluo, inutile. Ma se funziona, non può non manifestarsi in ogni cosa. Senza di te (non senza di te “nella lontananza”, interiormente senza di te) io cesso di agire. È stato sempre così, lo è anche adesso. Ma se non c’è “attività” io sono morto. Questo vuol forse dire che io potrei essere in qualsiasi modo, pur di “attaccarmi” a te? No. La situazione di cui tu parlavi al momento della separazione: «Che fare, io stessa non sono una santa, ecco, mi piace “bere il tè”», questa situazione, quando è presente l’amore, resta totalmente esclusa. […]

A proposito del tuo invito

Volevo scrivere a proposito del fatto se tu mi ami o meno, ma la tua lettera mi ha veramente sconvolto, e mi devo soffermare a parlarne ancora un momento.
Questa lettera può essere una specie di proseguimento dei nostri rapporti? No, in alcun caso no.
Cerca di capire, bambina! Ci siamo separati per pensare alla nostra vita futura, eri tu che non volevi continuare ad avere rapporti con me, e all’improvviso ieri decidi che è invece possibile averli. Perché dunque non siamo partiti ieri, ma partiamo invece tra 3 settimane? Perché io non devo? Questo pensiero non mi deve neanche venire in mente, altrimenti la mia reclusione non sarebbe più volontaria, ma diverrebbe un incarceramento, cosa che non potrei accettare neanche per un istante.
Io non potrò mai essere colui che attivamente partecipa alla creazione dei nostri rapporti se al cenno di un tuo ditino me ne resto seduto in casa a piangere per due mesi, e al cenno di un altro scatto su, quasi senza sapere cosa pensi e, gettata via ogni cosa, mi precipito. Non con le parole, ma con i fatti ti dimostrerò che prima di fare qualsiasi cosa io penso a tutto, e anche a me stesso.
Farò soltanto quello che scaturisce anche da un mio desiderio. Vado a Piter.
Ci vado perché per due mesi sono stato occupato a lavorare, sono stanco, voglio riposarmi e distrarmi.
Una gioia inattesa mi viene dal fatto che questo viaggio coincide con il desiderio di partire di una donna che mi piace terribilmente.
Potrà nascere qualcosa tra lei e me? È poco probabile. In generale questa donna ha mostrato pochissimo interesse nei miei confronti. E tuttavia neanch’io sono da buttar via – proverò a piacerle.
E se le piacerò, che sarà dopo? Si vedrà laggiù. Ho sentito dire che a questa donna tutto viene rapidamente a noia. Che gli innamorati si tormentano a frotte intorno a lei, uno da non molto tempo è uscito di senno. Bisogna fare in modo di premunirsi contro tale pericolo.
Per far sì che in tutto questo ci sia una mia attiva partecipazione stabilisco fin d’ora la data del ritorno (tu pensi: «Che il bambino si diverta pure, purché non pianga», che diavolo, comincerò da questo): sarò a Mosca il cinque, farò in modo di non poter non tornare a Mosca il cinque3. Questo, bambina, lo capirai (8/II 23).

Tu mi ami?

Per te, probabilmente, questa è una domanda strana – certo che mi ami! Ma è me che ami? Ami in modo tale che io lo possa sentire costantemente?
No. L’ho già detto a Osja. In te non c’è amore per me – in te c’è amore in genere, per tutto. In quest’amore occupo anch’io un posto (forse persino importante), ma se scompaio, allora verrò tratto fuori come una pietra da un fiume, mentre il tuo amore nuovamente riemergerà su tutto il resto. È male? No, per te è bene, vorrei poter amare così. […]
Bambina, leggi e pensi: «Non fa che mentire, non capisce niente». Ličik, anche se non è così, è comunque così che sento. È vero, tu mi hai donato, bambina, Pietroburgo, ma come hai potuto non pensare che questo era un prolungamento di mezza giornata del termine fissato? Prova a pensarci, dopo un viaggio di due mesi, e un avvicinamento di due settimane dover ancora aspettare mezza giornata a un semaforo!4 (14/II 23) […]
Liljatik, tutto questo non lo scrivo per rimproverarti, se non è così sarò felice di cambiare parere su tutto. Scrivo perché ti sia chiaro – e anche tu devi un poco pensare a me.
Se non avrò un poco di “sollievo” non andrò bene per nessun tipo di esistenza. Ecco, potrò soltanto, come ora, dar prova del mio amore con un qualsiasi lavoro fisico. (18/II 23) […]
Non esistono famiglie ideali. Tutte le famiglie falliscono. Può esistere soltanto un amore ideale. Ma l’amore non lo si ottiene con i “devi”, con i “non si deve” – lo si ottiene soltanto con un libero confronto col mondo intero.
Io non sopporto di arrivare ai “devi”!
Io amo infinitamente quando io non “devo” arrivare, starmene sotto le tue finestre, aspettare anche soltanto il balenare dei tuoi capelli da un’auto.

Il quotidiano

Sono colpevole per quel che riguarda tutto il quotidiano, ma non perché io sia un liricuzzo da due soldi, amante del focolare domestico e di una moglie che riattacca i bottoni.
No!
Il peso di questa mia reclusione esistenziale di 66 giorni è una sorta di inconscio “sciopero bianco” dell’anima nei confronti dei rapporti famigliari, è un’umiliante caricatura di me stesso. […]
Mi sento veramente ripugnante, tanto nel fisico che nello spirito. Ogni giorno mi fa male la testa, ho un tic nervoso, sono arrivato al punto che non riesco nemmeno a versarmi il tè, sono completamente spossato, perché, con lo scopo di distrarmi almeno un poco, lavoro da 16 a 20 ore al giorno, letteralmente. Ho fatto tanto quanto non avevo mai fatto neanche in sei mesi.

Il carattere

Mi avevi detto di riflettere e di mutare il mio carattere. Ho riflettuto su me stesso, Lilik, checché tu ne dica, e penso che il mio carattere non sia assolutamente brutto.
Naturalmente cose come “giocare a carte”, “bere”, ecc. non fanno parte del carattere, sono la casualità – sono pur sempre piccolezze, anche se piuttosto radicate (come le lentiggini: quando, per colpa del sole, spuntano fuori, ecco che questa “sciocchezza” la si può soltanto scorticar via dalla pelle. Ma se si prendono in tempo le misure necessarie, ecco che o non spuntano affatto, o passano del tutto inosservate).
I tratti principali del mio carattere sono due:
1) L’onestà, l’abitudine di mantenere la parola data a me stesso (è una cosa ridicola?).
2) L’insofferenza per qualsiasi tipo di costrizione. Da ciò anche i “continui litigi”, l’odio per gli obblighi domestici, l’odio per la costrizione in genere.
Io quello che desidero lo faccio con piacere, con buona volontà, mi brucio anche una mano, ma l’eseguire per costrizione la più piccola commissione, l’avere anche la più piccola catenella al piede mi provoca un senso di nausea, di pessimismo e così via. Da ciò cosa ne consegue? Che devo fare tutto quello che voglio? Niente di simile. Bisogna solo che per me non si stabilisca alcuna regola evidente dall’esterno. E bisogna agire di conseguenza, ma senza che da parte mia se ne abbia sentore. Bacio la Micia. (27/II 23)
Che vita potremmo avere noi due, su quale vita potrei in definitiva essere d’accordo? Qualsiasi vita. Su qualsiasi vita. Ho avuto una terribile nostalgia di te e ho una terribile voglia di vederti. […]
 

da L’amore è il cuore di tutte le cose –
Vladimir Majakovskij
Lili Brik

 

 

 
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in copertina Christian Boltanski
nell’Installazione Anime. Di luogo in luogo.