Microliti – Paul Celan

« Dove si va? Sempre verso casa.» Fanno così. Io no! Sto di casa nel verso, che va e va.

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Microliti sono, pietruzze appena percepibili, lapilli minuscoli nel tufo denso della tua esistenza – e ora tenti, povero di parole e forse già irrevocabilmente condannato al silenzio, di raccoglierli a cristalli? Rifornimenti sembri attendere – donde dovrebbero venire, di’?

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Si lasci alla poesia il suo buio; forse – forse! – essa produrrà, quando quel bagliore, che già oggi le scienze esatte sanno mettere davanti agli occhi, avrà mutato radicalmente il genotipo umano – forse essa produrrà proprio per tale ragione l’ombra in cui l’uomo si ricorderà del suo esser uomo.

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La poesia è in quanto poesia oscura, e oscura perché è poesia. Con ciò, con questa oscurità congenita mica intendo però quei cozzi lichtenberghiani di libri e teste dei lettori ove non sempre suona vuoto il libro; al contrario, la poesia vuol essere compresa, vuole proprio perché è oscura essere compresa: come poesia, come “buio poetico”. Ogni poesia reclama dunque comprensione, voler comprendere, imparare a comprendere.

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… poi scrivo non per i morti, ma per i vivi – certo, per quanti sanno che ci sono anche i morti.

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Le poesie sono formazioni porose: la vita scorre e filtra qui dentro e fuori, imprevedibilmente bizzarra, riconoscibile e in incognito.

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Chiunque abbia avuto colloqui sul poetare, sul poetico, avrà fatto l’esperienza che tali colloqui continuerebbero senza fine. In questo non – voler – finire si annuncia, credo, un tratto essenziale del poetico: la sua pretesa d’infinito. Una pretesa che, a dispetto della sua ripetutamente esperita e anzi risaputa irrealizzabilità, viene avanzata sempre di nuovo. Su ciascuna delle vie scelte dall’interpretazione della poesia s’incontrerà questa pretesa: né l’esegesi psicologica di una poesia, né la filologica, né ancora la filosofica riusciranno a mostrare sulla via da esse imboccata un principio ultimo da cui si esaurisca appieno il campo di senso del loro oggetto.

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Le poesie sono paradossi. Paradosso è la rima, che aduna senso e senso, senso e controsenso: in un luogo casuale del tempo linguistico, che nessuno è capace di prevedere, mette insieme questa parola con quell’altra – per quanto? Per un tempo limitato: il poeta, se vuole mantenere fede al principio di libertà annunciantesi nella rima, deve ora volgere le spalle alla rima. Via dal confine – o oltre, di là nello sconfinato!

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Poesia: lingua allo stato nascente. Lingua in statu nascendi dunque, lingua che si libera. L’aspetto vago, aleatorio del processo.

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La parola in una poesia è occupata solo parzialmente dai vissuti dell’autore; un’altra parte viene occupata con vissuti dalla poesia; un’altra ancora, rimane libera, ossia occupabile.

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Così tuttavia non si deve dare adito a un qualche stato d’illuminazione. Eppure: il concetto di ispirazione non è mai totalmente cancellabile dal poetico. Kafka, che ammirava Flaubert, scrisse ben questo: « ogni parola rigirata dagli spiriti ».

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Poetare “automatico”: inconscio, dunque reminiscenza anch’esso – e perché dunque non citare la tradizione, ch’è impregnata di spirito e perciò anche più chiaramente rinvia allo spirito?

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Ri-cordo: anche pre-cordare, avanpensiero e custodia di ciò che potrebbe essere.

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E in questo precordare, se mi è concesso usare il termine, si vive in qualche modo secondo le poesie. Affinché restino vere.

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Le poesie sono passaggi: sta a te passare, vita!

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Il poetare autentico è antibiografico. La patria del poeta è la sua poesia, essa cambia da una poesia all’altra. Le distanze sono quelle antiche, eterne: infinite come l’universo in cui ogni poesia cerca di affermarsi quale–minuscola–stella. Infinite anche come la distanza tra il suo io e il suo tu: da entrambi i lati, da entrambi i poli viene gettato il ponte: in mezzo, a metà strada, là dove è previsto il pilastro portante, da sopra o da sotto, è il luogo della poesia. Da sopra: invisibile e incerto. Da sotto: dall’abisso della speranza in un lontano, infuturato prossimo.

 
da Microliti: Aforismi, Abbozzi narrativi e frammenti di poetica
Paul Celan

Trad. Dario Borso.

Partirà più tardi per l’universo infinito

 

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* in copertina
Bowl of Pearls
Ai Weiwei

** nel post
Partirà più tardi per l’universo infinito –
Romano Boccadoro Mantovani