Da Eternità a stagione (Erranze) – Wilson Harris

 

 

*

 

Il muto al pozzo
(ri-creazione dei sensi)

 

L’udito
del muto si forma
sui ritmi della vita.
Le ruote d’ogni stella pesante
corrono su un tappeto liscio. Funesto eppure saturo d’equilibrio
l’universo parla in accenti dolci, ma pesanti, gutturali,
pronti a velocità e potere. Il muto in ascolto sa che la vibrazione
è la pura sensazione del dialogo
anche quando il suono muore, e senza suono le ruote del mondo.

Il tempo ha il suo parlare frammischiato al parlare
    dello spazio.
      Lo spazio
ha la sua ninnananna
nell’intimo tacita come un sogno.
Sulla via di scuola i bambini
rispondono alle voci del tempo e dello spazio come il muto.
La sensazione della loro partecipazione a questa conversazione
è la sensazione d’essere mossi da una creazione viva.
Il muto sta al pozzo
e impara a capire quel che dice la vita. Una voce rotonda
esce dal pozzo profondo del suono
in parole di piacere che danza, il grezzo, sfavillante
tacere della passione.

 

 

 

*

 

 

Spirito del labirinto
 

La conchiglia azzurra del cielo
brilla a mezzogiorno
e crescendo diviene il suo contrario
oscurità che accoglie.

Nascere è essere fatti entrare nello splendore di mezzogiorno
o trovare immobile il grembo della notte. Più strano
chi viene nella solitudine spettrale della notte
o nell’imperfezione
brancolante del giorno
è segnato o sconciato, legno animato, inanimata carne.
Tutta
      la sostanza
  sembra soggetta ugualmente al bagliore o all’estinzione. La carne rivendica la luce

o è vittima d’una confusione precedente? Cresce avanti
          e indietro,
su e giù, scioglie il filo del sangue. Sciogliere il filo dell’alba
che si inoltra avanti e indietro dentro al minotauro più scuro
e all’eroe più glorioso. Quanto è labile la fortuna.
Il tempo aspetta ancora nel cuore delle terre più vecchie
  nonostante una vittoria
  dell’uomo sulla schiavitù che pare leggendaria più che vera.
  E nel deserto della cultura
  il vento o il terremoto viene e abbatte
  la pazienza della storia, la tribù o la donna che è dimenticata
  ma si ricorda del proprio duro amore come una vela
                a gran distanza
  nell’occidente che oscura.

 

*

 

 

La pietra del mare
 

Avvolge il tempo, avvolto dal tempo
il fondo del mare alto, come chiarità di sole
spianata per cedere luce o come una stella
schiacciata per rendere sangue nell’oscurità. Questa notte
                              d’oceano
è la sua stella di memoria,
l’acqua vasta riflette una vita e solitudine spettrale
maestosa, strana, un’esperienza del vuoto eppure
di salda massa e sostanza. L’equilibrio di pinne menestrello
sono piedi di danzatori, la fermezza o portamento
è la tela del destino, l’organo di riunione
e separazione. Ogni inclinazione a strisciare o a trascinarsi
sull’immensità è senza nome. Eppure è detta a volte Nascita,
è detta a volte Morte. È pietra che si scioglie
in carne, è colore misterioso in mezza luce,
all’interno offuscata, all’esterno splendente.
Appare nera, appare bianca, più profonda
del desiderio primitivo nella vita, non ha sporgenza, non appiglio, l’apparenza della sorte, spruzzi freddi
che a volte posano o sono spinti sopra l’estensione della
                              profondità immortale.
L’immortalità è parte della sua natura, la pietra di fuoco
che ora riposa eppure non riposa mai nel mare.
    I baratri vorticanti della sensazione sono fissi
    in piramidi d’immobilità, una fissità insensata
    in ogni istante del tempo. Soltanto il fluido
    della pietra che è stella
    può volgere una successione di onde in luce.
Questa è la preghiera
    dell’amore terreno
    per muovere la pietra del mare.
 

Da Eternità a stagione (Erranze)
Wilson Harris
traduzione di Andrea Gazzoni

 

 

 

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* in copertina
Vitruvian Pompano [Odd Fellows No. 20]
Todd Bartel
** in ordine nel post
Untitled [Odd Fellows No. 15]
Anatomy of Floating [Odd Fellows No. 13]
Todd Bartel
*** trailer del regista Damien Manivel
del film Magdala e Takara – la notte che ho nuotato